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Tolkien ha una visione differenziata e piuttosto eterodossa del male. Nei suoi libri non esiste di per sé, ma emerge da qualcosa di originariamente buono attraverso una distorsione o una degenerazione. Così, gli Spettri dell’Anello erano un tempo potenti esseri umani; Saruman (un servitore di Sauron) era uno dei principali maghi e Gollum un tempo era un hobbit. Il male nelle opere di Tolkien è come un parassita invisibile che cerca un ospite per operare nel mondo. È solo attraverso la decisione di far entrare l’abisso che esso può diventare potente.
Lo scrittore non si preoccupa nemmeno di condannare il male. Senza la collaborazione dell’avidità terrena di potere, simboleggiata da Gollum, l’Anello non avrebbe potuto essere distrutto. Finché esiste l’anello, esiste anche il desiderio di volontà personale. Solo dopo che Gollum cade nell’abisso insieme all’anello, la storia si conclude. L’abisso alla fine si distrugge e viene così redento.
Il compito che Frodo si assume gli fa acquisire chiarezza e forza interiore. Il male diventa la fonte di qualcosa di buono. Giunti alla meta del viaggio, i compagni riescono a distruggere l’Anello e l’esercito di Sauron si riduce in polvere. L’anello viene restituito al fuoco del Monte Fato, da cui era stato forgiato da Sauron. In quel momento si crea un nuovo spazio di coscienza, uno spazio in cui l’uomo è veramente libero.
La trasformazione interiore
Frodo, l’eroe della storia, all’inizio non possiede le virtù necessarie. Deve permettere loro di svilupparsi e maturare in lui nel corso della trama. Il suo viaggio può essere inteso come un prototipo di un processo interiore di trasformazione e realizzazione.
Possiamo seguire anche noi questo percorso?
Possiamo intraprendere un viaggio avventuroso nel nostro essere interiore, possiamo lasciare la nostra zona di comfort ed esplorare il nostro mondo sotterraneo (il nostro “Mordor”). Dalle profondità del nostro essere, sentori di libertà emergono alla superficie della coscienza. Finora abbiamo tradotto questi impulsi per lo più in volontà personale. Abbiamo forgiato il nostro anello e nel farlo abbiamo talvolta oppresso gli altri. Solo dopo un viaggio lungo e pieno di difficoltà attraverso i legami karmici matura un concetto più elevato di libertà.
La situazione al Monte Fato è un momento speciale di decisione e di azione liberatoria. Ci viene data l’opportunità di rinunciare alla nostra volontà di potenza, alla nostra volontà personale, a favore della necessità superiore e di ottenere la libertà. Si tratta della distinzione tra due concetti di libertà: la libertà per me o la libertà per tutti con la rinuncia alla propria volontà di potenza. La vera libertà non tollera l’oppressione. Ci conduce dall’isolamento all’interezza e significa un abbandono permanente all’ideale superiore della libertà.
Ci rendiamo anche conto che il vero cambiamento può iniziare solo dentro di noi. Allora scopriamo le possibilità liberatorie e non lasciamo più che gli ostacoli ci fermino. Sviluppare la fiducia e l’ottimismo richiede di non lasciare la mano che ci porge la luce, per quanto arduo e cupo possa essere a volte il cammino verso la montagna interiore del destino. La luce che ci accompagna (l’ampolla di Galadriel) rafforza ed eleva tutto ciò che risuona con essa. Le forze che agiscono nel nascosto, nell’inconscio, possono così essere riconosciute e riscattate.
Il percorso di trasformazione porta dalla modalità di adattamento alla modalità di resa fino al superamento. Quando Frodo lascia il Monte Fato, è cambiato interiormente. La libertà è stata conquistata da lui: un’integrità a un livello superiore. Seguiamo lunghi percorsi di sviluppo. Nella transizione da una fase di sviluppo a quella successiva, le forze ostruttive spesso si intromettono, come quando il pulcino deve rompere il guscio protettivo dell’uovo. Le forze rigide e di contenimento possono essere protettive e nutritive per lungo tempo; diventano “cattive” quando superano la giusta misura. Il cerchio (l’anello) è un simbolo divino di unità e perfezione. L’Anello del Potere fu forgiato da Sauron nel Fuoco dell’Origine. Usò i poteri divini per applicarli su una spirale di sviluppo inferiore. Superando individualmente e collettivamente le forze di resistenza sul percorso evolutivo, rendiamo il simbolo dell’anello di nuovo un simbolo sublime e divino di integrità.
Il compimento
Alla fine del racconto, Frodo può recarsi a Valinor, la dimora dei Valar, gli dei elfici, come riconoscimento delle sue gesta; è il luogo in cui gli elfi vivono per sempre. Valar è una parola legata al Valhalla, la Sala degli Dei nella mitologia norrena. La terra di Valinor simboleggia il mondo spirituale puro dove non esiste oscurità. È la meta del viaggio della sua vita.