Sul vuoto che nasce dal silenzio

Una conversazione immaginaria tra Lao Tzu, J. van Rijckenborgh, Blavatsky e Krishnamurti.

Sul vuoto che nasce dal silenzio

Immagina un pomeriggio caldo, una brezza leggera, un cielo azzurro e questi quattro grandi riuniti all’ombra di un albero, contemplando la natura e riflettendo sull’arte del silenzio.

Jiddu Krishnamurti, seguendo il volo di un uccello, inizia la conversazione con la sua voce tranquilla:

Cos’è esattamente il vuoto che nasce dal silenzio? Non il concetto di vuoto, né la parola, ma cosa sarebbe quel vuoto semplicemente osservato nel qui e ora? Solo la mente che comprende lo spazio, la mente che conosce questo vuoto e ne è perfettamente consapevole, solo una mente del genere è capace di quiete completa .[1].

Helena Petrovna Balavatsky rivolge i suoi grandi occhi su Jiddu e risponde dolcemente, come se recitasse le parole che provengono dal suo cuore:

Prima che l’Anima possa comprendere e ricordare, deve essere unita a Colui che parla in Silenzio, così, come alla mente del vasaio è unita la forma secondo la quale sarà modellata l’argilla. Poiché allora l’Anima udrà e ricorderà, e allora all’orecchio interno parlerà la Voce del Silenzio.[2]

Jan van Rijckenborgh beve ogni parola del suo grande amico e, accarezzando delicatamente la pelliccia setosa del suo cane, riflette lentamente:

In effetti, questo vuoto è possibile solo dal vero silenzio. E non devi isolarti per trovarlo. In mezzo a violente tensioni e all’oceano tumultuoso delle sofferenze è comunque possibile pervenire a un grande silenzio interiore, al silenzio della nuova Vita che non è di questo mondo. Questa è una realtà vivente, piena di grazia e di verità, che a volte si sviluppa nell’inquietudine più violenta. [3]

Cosa ne pensi, mio caro Jiddu?

Krishnamurti, seduto con le gambe accavallate, fa un sorriso enigmatico e stuzzica i suoi amici con una domanda: “In mezzo a tutto questo, come cerchiamo la felicità?”

Risponde egli stesso alla sua domanda retorica:

Solo quando la mente non è più interessata al “divenire”, non è più interessata a plasmarsi per essere qualcosa, solo allora è in grado di ricevere ciò che è la verità. Solo allora può esserci felicità, perché la felicità non è un fine, ma è il risultato della realtà.[4]

Quindi Lao Tzu, che aveva mantenuto un rispettoso silenzio, come si addice a un saggio tra i saggi, chiude gli occhi come se cercasse il filo d’oro che collega tutti i pensieri e sentimenti, e dice:

Il saggio governa liberando i cuori dal desiderio, Pratica il wu-wei, e non v’è nulla che egli non governi con giudizio.[5]

Dopo aver assaporato ogni parola di questo grande maestro, Jan van Rijckenborgh risponde, sottolineando punto per punto:

Ora, quando ciò che è santo entra nella vostra vita, la cosa giusta è di provare ciò che la Bibbia chiama una “gioia silenziosa”, l’esperienza dell’insegnamento senza parole. Il non-fare non consiste, come forse pensate, nel ritirarsi dal mondo dialettico, nell’allontanarsi dalla vita terrestre non assomigliandovi più, nel divenire anticonformista, nel non adattarsi più alla monotonia della vita ordinaria.[6]

 

Silenzio

 
Ognuno respira il prezioso contenuto del proprio cuore. È Krishnamurti che interrompe questa pausa sacra sospesa nella brezza autunnale, per avvertire:

La quiete, il silenzio, non è un prodotto del pensiero. Il silenzio esiste al di fuori dei regni della coscienza. Non si può dire: “Sperimento uno stato di silenzio”. Se lo vivi, non è vero silenzio. Scende su di noi, diventa presente. Allo stesso modo in cui non puoi sperimentare lo spazio e il vuoto, non puoi sperimentare il silenzio. Solo nel silenzio può esserci un’energia completamente libera, incontaminata, non diretta dal piacere.[7]

Noi che li guardiamo, così radiosi alla luce di quel pomeriggio immaginario, cominciamo a capire che c’è un nuovo modo di agire, perché:

Solo la mente religiosa sa cos’è il vuoto mentale. La “mente vuota” non è in uno stato di vuoto, di inanità, è straordinariamente vigile, attenta, sensibile; non ha centro e quindi crea spazio. Solo la mente che non ha centro, che ha lo spazio dell’immensità, solo quella è la vera mente religiosa, e solo la mente religiosa è creativa. Solo allora, in quello stato straordinario, che non è mistico, che non rappresenta una fuga dalla vita, è possibile la presenza dell’Eterno.[8]

Volendo ascoltarli ancora un po’ durante questo piacevole pomeriggio (che speriamo non finisca mai), chiediamo:

Come sappiamo se siamo già su questa strada, praticando questo vuoto che passa attraverso il silenzio? Quali sensazioni avremo se riusciremo davvero a comprendere, attraverso una nuova consapevolezza, questa nuova azione silenziosa?

 
Silenzio

 
La calda brezza accarezza dolcemente i rami dell’albero e porta una quiete piena di significato. Jan van Rijckenborgh, con un affettuoso tono paterno, conclude l’incontro: 

In una delle frasi propedeutiche dell’Etica di Spinoza si trova, fra le altre, questa asserzione: “Chi, guidato dal timore, fa il bene per paura del male, non è guidato dalla Ragione. Ma l’uomo toccato dalla Ragione che è nel centro, non sperimenterà che delle sensazioni di gioia e di desiderio intenso”. Perché la gioia? Perché il cammino della perfezione si manifesta per la prima volta in tutta la sua radiosa bellezza..[9]

 

Silenzio profondo

Riflessioni sulla conversazione

Cos’è esattamente il vuoto che nasce dal silenzio? Non il concetto di vuoto, né la parola, ma cosa sarebbe semplicemente osservato quel vuoto nel qui e ora?

In mezzo alle tribolazioni dei nostri giorni, ci sarà sempre l’opportunità di vivere un momento di osservazione libero da ogni base teorica, libero da idee preconcette, da atteggiamenti cristallizzati. Tutto quello che dobbiamo fare è farlo.

Riflettendo sulla conversazione immaginaria tra questi quattro grandi, in primo luogo ci rendiamo conto che la quiete non è l’opposto dell’irrequietezza. Ovviamente la nostra prima reazione naturale sarà quella di cercare questa quiete per sfuggire al nostro tumulto interiore.

Questa quiete, questa gioia profonda, è qualcosa di nuovo, che nasce nel qui e ora, libera da ogni preconcetto o legge esterna. Questo stato completamente nuovo può essere sperimentato solo quando permettiamo a una nuova coscienza di dirigere i nostri pensieri, sentimenti e azioni. Allora cominceremo a capire cosa intendeva Krishnamurti per valore della mente creativa e veramente religiosa.

In momenti così speciali, un grande silenzio prende il sopravvento sul nostro essere. Ma non ci invade: viene dolcemente, dolcemente, come lo scorrere dell’acqua di una fontana.

Questi momenti sono come lampi di luce che ci portano a intuizioni rapide che riusciamo a malapena a catturare. Potrebbe essere questa la saggezza della non azione (wu-wei) proposta da Lao Tzu – quella saggezza che ci porta una gioia silenziosa, una gioia che non è il prodotto del pensiero, ma scorre dai nostri cuori? Attraverso il processo di apprendimento e acquisizione della conoscenza del sé, dell’umanità e del mondo, possiamo sperimentare questo silenzio, possiamo arrivare alla convinzione che tutto è come dovrebbe essere.

Ma non possiamo forgiare quello stato! È una frazione di secondo, una scintilla, un uccello in volo che non possiamo e non dobbiamo catturare. Tutti gli esseri umani cercano l’armonia, la tranquillità; lo stato che molti chiamano “felicità”.

E noi, che ci definiamo “cercatori spirituali”, stiamo cercando la felicità spirituale come meta, come fine? Ma quella felicità non rappresenterebbe la soddisfazione di un desiderio egoistico? Dobbiamo stare molto attenti a non banalizzare questo spazio sacro.

Dobbiamo chiederci: cosa ci fa smettere di temere il vuoto che nasce dal silenzio, dalla quiete? Abbiamo già la risposta dentro di noi! Ciò che ci fa sperimentare la tranquillità di questo vuoto è la fiducia, la certezza, l’assoluta convinzione che la spiritualità è uno stato dell’essere che si sviluppa attraverso un processo quotidiano.

Quando sperimentiamo questo “spazio” che sentiamo ma non possiamo esprimere, nemmeno per un millisecondo, allora la quiete ci circonda e questo vuoto lo sperimentiamo come il nostro vero stato. Abbiamo l’assoluta certezza di essere tornati a casa. È lì, in quel punto centrale di quiete, che troviamo noi stessi e l’un l’altro.

Quando siamo toccati dalla luce di questa nuova coscienza, siamo immersi in un silenzio assoluto e in una gioia immensa, e con questa certezza andiamo avanti con un nuovo slancio di volontà e di azione. Poi, come dice Madam Blavatsky: nient’altro importa, perché ascoltiamo davvero la Voce del Silenzio.


[1] Krishnamurti, Jiddu, Il viaggio su un mare inesplorato

[2] Blavatsky, H. P. La Voce del Silenzio, Frammento I

[3] Rijckenborgh, Jan, Il Cammino Universale

[4] Krishnamurti, Jiddu, La prima e ultima libertà, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1969

[5] Lao Tzu, Tao Te King

[6] Rijckenborgh, J. e Petri, C., La Gnosi Cinese, Edizioni Lectorium Rosicrucianum, 2017

[7] Krishnamurti, Jiddu, Il viaggio su un mare inesplorato

[8] ] Krishnamurti, Jiddu, Parole di Krishnamurti in Índia, 1964 (New Delhi and Varanasi)

[9] Rijckenborgh, J. e Petri, C., La Gnosi Cinese, Edizioni Lectorium Rosicrucianum, 2017

 

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Informazioni sull'articolo

Data: Ottobre 2, 2020
Autore / Autrice : Grupo de autores Logon

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