Usare concetti e idee per dirigere l’attenzione
Possiamo usare i concetti e le idee non solo per formulare un giudizio, ma anche per dirigere lo sguardo verso una certa esperienza. La prima forma ci dà una valutazione dell’esperienza, la seconda ci dà l’esperienza stessa. Non saremmo in grado di fare esperienze senza questa possibilità di usare le idee, perché facciamo solo quelle esperienze su cui abbiamo diretto la nostra attenzione in precedenza. Ci sono quindi due modi diversi di giudicare. Da un lato, si giudica un dato di fatto e, dall’altro, questo dato di fatto viene messo per la prima volta nel nostro campo visivo, in modo da diventare consapevoli dell’esperienza stessa. Herbert Witzenmann spiega questa differenza facendo riferimento ai termini di un uso giudicante dei concetti e di un uso orientato all’attenzione dei concetti.
I concetti e le idee non devono essere usati come puri giudizi, perché così facendo percepiamo solo il contenuto dei concetti stessi e non il contenuto reale delle percezioni. Goethe, invece, usa questi concetti come mezzo, come organo per percepire il mondo.
Avere dei concetti sulle cose che percepiamo significa avere un organo che utilizzo per afferrare queste cose, per farle diventare parte di me stesso.
In questa concezione, l’idea è una sorta di luce che illumina il contenuto della percezione. L’uso di concetti che indirizzano l’attenzione ci permette di sperimentare la ricchezza e la qualità del mondo. Per raggiungere questo obiettivo, da un lato dobbiamo evitare di usare i concetti come giudizi e, dall’altro, per usare le idee in modo da orientare l’attenzione dobbiamo aumentare la formazione dei concetti. Quindi, dovremmo evitare il più possibile di formulare giudizi. Allo stesso tempo, dobbiamo creare concetti che dirigano la nostra attenzione verso le percezioni. Questi concetti creati non hanno un effetto falsificante sulla percezione ma, al contrario, ci aiutano a svelare o a liberare la qualità interiore delle percezioni. Percepiamo solo le cose per cui abbiamo dei concetti, ma questo non significa che percepiamo i nostri concetti. Quando rivolgiamo la nostra attenzione alle percezioni, non diamo giudizi sulle nostre esperienze. Il soggetto si astiene solo dal formulare un giudizio. Ma ciò che diventa visibile sono le qualità del mondo delle esperienze, il che significa che l’oggetto giudica se stesso.
Si può definire un esperimento. Non formuliamo giudizi, ma offriamo concetti alle percezioni. E osserviamo se le esperienze rilasciano il proprio contenuto, il che significa che le percezioni formano un giudizio su se stesse.
Il metodo cognitivo di Goethe contiene quindi quanto segue:
- una riduzione dei giudizi,
- uno sviluppo di concetti (idee),
- l’uso di questi concetti (idee) per dirigere l’attenzione,
- un esperimento di giudizio.
All’interno di questa procedura l’esperienza rivela la sua qualità interiore. Questo è un primo passo nel processo cognitivo di Goethe. Ma ci sono ancora delle singolarità, non è stata trovata una connessione tra le esperienze. Per raggiungere questo livello di cognizione, Goethe compie un ulteriore passo.
Accompagnare il movimento nella Natura
Qui si parla di una ripetizione delle esperienze. Gli oggetti devono essere percepiti con le loro caratteristiche e nelle loro varietà di aspetto. In questo modo, le esperienze devono essere messe accanto ad altre esperienze e confrontate. In questo processo il potere della cognizione si unifica completamente con le varietà tipizzate delle esperienze. Soprattutto per la cognizione degli oggetti organici, è necessario concentrarsi sui processi di trasformazione e alterazione del vivente. Goethe dice:
Le cose si formano e si riformano, c’è un continuo movimento all’interno della natura. E per poter seguire questo movimento dobbiamo essere flessibili e in movimento come la natura stessa.
In questo modo il pensiero di Goethe cercava di accompagnare le apparenze della Natura.
Partecipare al processo della Natura in modo spirituale
Goethe ha sperimentato la Natura nel suo pensiero. E così facendo ha acquisito sempre più familiarità con il contenuto spirituale del mondo. Osservava continuamente le piante, non per interpretarle, ma per accompagnarle. È come esercitarsi al pianoforte. All’inizio si hanno a disposizione solo singole note, e si prova e riprova. Si imita la musica, prima molto lentamente; poi si diventa sempre più capaci di capire la musica e di muovere le dita nel modo giusto, cioè nel modo della musica stessa. Dopo un po’, le singole note e gli accordi iniziano a relazionarsi tra loro in armonia. Allo stesso modo, il pensiero goethiano cerca di diventare sempre più capace di muoversi nel modo giusto all’interno delle esperienze. Così come la melodia di un brano musicale non è creata dal musicista, ma dall’interrelazione delle note, allo stesso modo l’interrelazione o l’armonia delle esperienze può essere creata solo da un continuo sforzo di cognizione che segue la Natura in sviluppo e in movimento. Goethe dice che così facendo diventiamo degni di partecipare al processo della Natura in modo spirituale. Ronald Brady descrive questo processo come segue:
“Il suo tentativo di ottenere una partecipazione spirituale all’operazione di metamorfosi delle piante lo portò ad esercizi di immaginazione… con i quali cercò di seguire il movimento tra le forme. L’obiettivo di queste indagini era osservare il modo in cui la legge – l’Eterno – entrava nel transitorio, cosa che si aspettava di rintracciare attraverso la propria attività intenzionale (che costituiva la sua partecipazione all’attività della Natura)”.
Si tratta di un nuovo livello di cognizione. Il pensiero della persona che conosce corrisponde ai processi di formazione della Natura. La cognizione forma in modo spirituale lo stesso movimento che la Natura forma nella realtà. Raggiunto questo stadio di partecipazione al processo della Natura, scopriamo che il processo della Natura è lo stesso del nostro pensiero, perché è il movimento del nostro pensiero che rivela la qualità spirituale o concettuale delle apparenze. Questo è ciò che la filosofia post-kantiana – soprattutto Schelling e Fichte – ha cercato: una percezione intellettuale (“intellektuelle Anschauung”). Ma la loro via è una sorta di introspezione. La via goethiana conduce a una percezione intellettuale che avviene all’interno delle esperienze. Vediamo che la nostra attività intellettuale è in corrispondenza con l’essere interiore della Natura.
Il metodo scientifico di Goethe, che egli stesso definisce potere percettivo del pensiero (anschauende Urteilskraft), può essere riassunto come segue:
- Potere percettivo del pensiero significa trasformare i giudizi in organi di percezione – concetti orientati all’attenzione.
- Potere percettivo del pensiero significa osservare come le percezioni rilasciano i propri contenuti – sperimentare.
- Potere percettivo del pensiero significa percepire il proprio pensiero che è identico al processo della Natura – percezione intellettuale.