IO SONO L’ALBERO E LA SUA OMBRA
Io sono l’albero e la sua ombra
viva e sfinita,
l’uccello che si aggrappa con le sue ali
ai germogli prigionieri della rosa
e i suoi silenzi,
sono la leggera rugiada del mattino,
la nudità del cielo,
le macchie bianche,
le chimere dei sogni,
la risata umida
di pesci e di bambini,
la pioggia che lava via, in lacrime torbide,
le ombre d’acciaio dell’amore
e i suoi specchi,
il tempo in cui, morendo,
trascende i versi e la carne,
forse anche un uomo.
OGGI VOGLIO PARLARE
Oggi voglio parlare,
da uomo a uomo,
con quell’altro
che abita le mie vene,
ed è l’incontro
con quello
che zittisce lo sguardo.
Quando lo guardo
e nella mia pelle, indifeso,
e quando sento
un passo leggero,
sta venendo da me.
Vorrei risponderti
di fretta,
più cieco,
prima di una luce
così dolce e pura.
Non riesco a vedere
la beatitudine
che proclama.
AVVOLTA NELLA PENOBRA DELLE ORE
Avvolta nella penobra delle ore,
nelle luci, la mattina fugge dall’alba
e l’odore che fugge la solitudine
e gli aranci,
come un cane stanco che abbaia alla luna.
Una voce sterile cresce sulle sue labbra
mentre camminano, invecchiano, i giorni
e l’erba fresca del bosco appassisce
che nella giovinezza dimenticata gli germogliava nel petto.
Ma il cuore resiste, lento a respirare.
E ancora ferito, quell’uomo, guarda in alto,
con fatica, verso l’alto.
NON SO
Non so,
forse è arrivato il momento
di strappare dagli occhi quell’uomo cieco per vivere
il modo in cui viviamo tutti i giorni,
per accendere le parole che danno luce
alla triste casa che dalla culla abitiamo,
e tornare a piedi nudi negli antichi paesaggi
che la memoria trascina da una vita all’altra.
Non so,
forse è il momento
che le colombe bianche
intreccino i nostri cuori nelle loro ali,
e da tali alti fari e così alte trasparenze,
essere la luce che turba i sogni vividi della morte.
LA VITA SCORRE SULLE NOSTRE FRONTI
La vita scorre sulle nostre fronti
come sopravvive l’inganno
tra le ombre goffe
che simulano la morte.
Quindi respiro il sole con gioia,
il fiore del giorno.
La luce non si spegne,
né l’alba che la sostiene cessa,
gli occhi cessano, se rifiutano di ospitare
la felicità degli uccelli,
innocenza,
il tiepido palpito con cui lo spirito inonda