Diventare di nuovo creatori della Terra

“Cambiamento climatico. Abbiamo sentito le parole. Ma le parole non hanno fatto male", canta Nynke Laverman alle generazioni future nella canzone "Your Ancestor".

Diventare di nuovo creatori della Terra

E umilmente continua:

Dici che la crescita era il mio Santo Graal
Sì, lo era e ha fallito
Non poteva durare, sono d’accordo
Ma nel mezzo del trambusto
Non si può davvero vedere.

(…)

Questo è il tuo antenato che parla
I parenti che conosci così bene
Perdonaci ti prego
Per averti mandato all’inferno.

 

 

È indiscutibile che l’umanità abbia causato problemi catastrofici al nostro pianeta e quindi a se stessa. La nostra esistenza sembra essere sempre più influenzata da domande come:

Cosa stiamo facendo alla Terra

oppure:

Come posso minimizzare il dolore di questa terra con le mie azioni o negando le cose o facendo sacrifici io stessa?

Chiunque si senta fortemente connesso alla natura e alla Terra sperimenterà automaticamente il suo dolore e la sua gioia. È probabile che tali emozioni legate alla terra aumentino man mano che gli esseri umani si preoccupano dell’ecocidio che si sta verificando ovunque.

Il filosofo australiano Glenn Albrecht (1953) ha coniato nuovi termini per questi moti dell’anima terrena. Nelle lingue occidentali, mancavano finora parole che indicassero l’esistenza di un’innegabile connessione tra lo stato della terra e la nostra situazione mentale ed emotiva. Al centro del nuovo vocabolario c’è la parola solastalgia, il fenomeno della “nostalgia di casa quando si è ancora a casa”; ci si confonde perché le fondamenta su cui si vive vengono gradualmente distrutte; la propria casa non è più la propria casa perché è drasticamente colpita, persino distrutta: solastalgia (solari = conforto; nostalgia = nostalgia dei tempi passati). Nella lingua olandese si stanno già diffondendo termini come comfort woe e comfort algia.

Albrecht ha ideato il suo vocabolario per esprimere gli aspetti del simbiocene (symbiosis = vivere insieme – kainos = nuovo), una nuova era in cui l’uomo vive in completa armonia con la natura e al servizio del mondo. Il simbiocene viene a sostituire l’Antropocene, in cui l’uomo era determinante e dominante sulla natura. Da distruttore della terra, l’uomo ne diventa creatore, ad esempio producendo foreste alimentari.

Creatore e distruttore della Terra sono termini che mi attraggono. Ma sono anche un confronto. Quando e quanto spesso sono un distruttore nelle mie piccole e grandi azioni? Quanto spesso e quando sono un creatore? E qual è il rapporto tra le due cose? Quanti alibi devo fornire per essere un distruttore? Quanto mi sentirò in imbarazzo se lascerò questa terra soprattutto come distruttore ai nostri figli e nipoti, da cui dopotutto prendiamo in prestito la terra?

In tutto questo, un Rosacroce ha bisogno di un passo in più, di una dimensione supplementare. Chi aspira – e prendiamo per un attimo il Libro biblico dell’Apocalisse – a “nuovi cieli e una nuova terra”, è prima di tutto un creatore della terra in sé. È consapevole della forza radiante che cerca sempre un contatto con l’essere umano da una dimensione superiore. Ciò richiede un adattamento e un atteggiamento speciale alla vita, una sintonizzazione del cuore e della testa, una purificazione in completa devozione, in breve: la trasparenza della mente. Allora si risveglia l’intuizione pura (la nuova terra) e l’intuizione naturale diventa secondaria. La nostra intuizione si chiarisce. Allora anche il dolore della nostra solastalgia viene superato e reso trasparente. Allora si dà spazio alla nostra prima memoria, alla nostra origine, che è anche la nostra destinazione.

Sì, allora vedremo davvero il mondo così com’è.

 

Un ricordo

Una malattia mi ha colpito

le cui origini non sono mai state determinate

anche se diventava sempre più difficile

sostenere la finzione della normalità,

della buona salute o della gioia di esistere.

A poco a poco ho voluto stare solo con quelli come me.

Li ho cercati come meglio potevo,

cosa non facile

poiché erano tutti mascherati o nascosti.

Ma alla fine ho trovato dei compagni

e in quel periodo a volte camminavo

con l’uno o l’altro in riva al fiume,

parlando di nuovo con una franchezza che avevo quasi dimenticato.

Più spesso tacevamo, preferendo

il fiume a qualsiasi cosa che potevamo dire.

Su entrambe le sponde, l’erba alta della palude soffiava tranquillamente,

con calma, ininterrottamente, nel vento autunnale.

E mi sembrava di ricordare questo luogo

dalla mia infanzia, anche se

non c’era nessun fiume nella mia infanzia,

solo case e prati. Quindi forse

stavo tornando a quel tempo

prima della mia infanzia, all’oblio, forse

era quel fiume che ricordavo. [1]

Louise Glück [2]

 

Riferimenti:

[1] Louise Glück, Ricette per l’inverno dal collettivo, Il Saggiatore, 2022

[2] Louise Glück (New York 1943) è una poetessa americana che ha ricevuto il Premio Nobel 2020 per la Letteratura, per “la sua inconfondibile voce poetica che rende universale l’esistenza individuale con austera bellezza”.

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Informazioni sull'articolo

Data: Giugno 21, 2023
Autore / Autrice : Dick van Niekerk (Netherlands)
Photo: Jack Anstey on Unsplash CCO

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