La trasformazione in crisalide
Il bruco è il simbolo dell’essere umano che matura tramite l’esperienza, che vive e si nutre di ciò che la vita gli offre fino a quando questa non lo può più soddisfare. L’abbondanza di esperienze lo porta ad un certo punto a porsi la domanda: “Che cosa significa tutto questo? È possibile che la vita abbia un significato molto più profondo di quello che ho realizzato fino ad ora?” Nel profondo di se stesso queste domande lo rendono inquieto. Chi cerca la verità diviene progressivamente più insicuro, fino al punto in cui decide di rivolgersi completamente all’interiore o, per usare la metafora del bruco, di trasformarsi in crisalide.
Questo passaggio spesso coincide con un isolamento fisico vero e proprio e con la necessità di vivere, almeno per un certo periodo di tempo, in solitudine.
Lo spazio attorno al bruco diventa oscuro e angusto. Egli a sua volta diviene ripugnante e immobile. Il cercatore, che era partito pieno di speranza ed entusiasmo, non riesce più né ad avanzare né a retrocedere. In un certo senso, è come se la vita si allontanasse da lui. Non può più evitare di vedere le proprie imperfezioni, è esausto e si sente come malato. Ma è in questa fase di isolamento, nel passaggio attraverso lo stadio di crisalide, che un nuovo essere prende forma in lui: la farfalla.
Nel suo “isolamento di Patmos” l’essere umano fa l’esperienza dell’abbandono, della perdita della speranza, dell’oscurità… ma anche della trasformazione. Può trattarsi del passare attraverso una malattia, talvolta anche di un male incurabile. È solo quando si riesce infine a lasciare andare tutto, inclusa la disperazione, che si fa l’esperienza dell’”Endura”. È come morire, l’ingresso in un tunnel di cui non si vede l’uscita. Eppure è solo così che si potrà un giorno vedere la luce. Solo una volta entrati nel tunnel si inizia ad anelare alla luce, finché a tempo debito, quando il processo di trasfigurazione è completo, la pupa rinasce alla luce in forma di farfalla, si libra nell’aria e si eleva verso il tepore della luce del sole.
Uno dei cambiamenti fondamentali apportati dalla crisi attuale dovuta al Corona virus, è stato quello di forzare le persone a un’assenza di contatti. Per molti si è trattato di rinunciare alla compagnia non solo di amici e colleghi, ma anche dei parenti e dei famigliari più stretti. L’unica possibilità era quella di riflettere sulla propria condizione da soli, in totale auto-isolamento. Tutti, in un modo o in un altro, hanno vissuto questo passaggio come una crisi. Ogni aspetto della propria vita precedente si era come allontanato o dissolto, ma allo stesso tempo, se non altro per coloro che hanno saputo vivere questo passaggio come un’opportunità, come la pupa nel suo bozzolo, si è iniziata a vedere una luce avvicinarsi.
Per costoro, niente sarà più come prima; la crisalide non può tornare a essere bruco, né la farfalla crisalide. Per chi ha percepito qualcosa di nuovo e di ignoto avvicinarsi, non c’è più possibilità di tornare indietro.
Il momento in cui l'”uomo del passato” non può più sopportare la pressione derivante dall’incedere dell'”uomo nuovo” si avvicina ogni giorno di più.
La mia esperienza da crisalide
Un’amica con cui ero in contatto su whatsapp durante il periodo di lockdown mi disse che si sentiva come se fosse malata, anche se tecnicamente non lo era; da parte mia la comprendevo bene, infatti era lo stesso per me. Senza pensarci troppo le dissi che eravamo entrate nello stato di crisalide. Nessuna di noi due cercava altri contatti con il mondo esterno. Semplicemente, non ci sentivamo affatto bene.
In caso di disturbi fisici – non importa di quale tipo – di solito rispondo con una profonda fiducia in me stessa. Mi sento come se qualcosa riversasse un fluido benefico su di me, come quando si sente di essere amati. Non sento alcun bisogno di farmi prescrivere integratori o altri sussidi dal mio medico. L’unica cosa che mi serve sono riposo e solitudine.
Una volta tentai di farmi aiutare da un dottore, ma il risultato fu soltanto che mi sentivo di cattivo umore, come se qualcosa avesse perturbato un mio equilibrio. Seguendo invece i consigli di alcuni amici mi sono imposta di sforzarmi di ascoltare la mia voce interiore. Anche per questo motivo ho rifiutato di sottopormi ad un’operazione.
Ognuno segue la propria strada. Potrei parlare delle mie personali esperienze fisiche, ma so bene che potrebbe essere che nessuno le condivida o le possa capire completamente, così come io potrei non condividere quelle di altri. Ognuno dovrebbe affidarsi solo ed esclusivamente alla propria coscienza interiore. È per questo infatti che ogni volta che appare una nuova influenza ognuno ha sintomi diversi e particolari per la sua condizione specifica. Osservare come reagisce il mio corpo in questi casi di difficoltà è un vero e proprio processo di apprendimento. Una ricerca della causa, un momento di riflessione, a cui segue un tentativo di ascoltare ciò che mi dice la mia coscienza più profonda. Infine, riesco ad affidarmi ad essa, a farmi condurre, ad arrendermi. Ecco quello che ho imparato a chiamare Endura. In questo modo riesco a vedere le mie carenze, a perdonarmi, e imparare di conseguenza a perdonare gli altri. Solo così riesco ad amare me stessa.
Svariate volte negli scorsi decenni ho vissuto situazioni – nel letto prima di addormentarmi o di fronte al computer durante un workshop – in cui ho pensato che chiunque altro nella mia situazione si sarebbe precipitato da un dottore o addirittura avrebbe chiamato un’ambulanza. Ma ogni volta sentivo in me una grande pace e una tranquillità di fondo. Una volta ho deciso di andare a fare una camminata con degli amici, il giorno dopo e in poco tempo mi ero ristabilita. Un’altra volta ho cercato un’amica con cui fare una chiacchierata e anche in quel caso alla fine mi sentivo già meglio. Una decina di anni fa attraversavo un periodo in cui periodicamente venivo attaccata da un certo “male”. Una di queste volte, durante un meeting nel sud della Francia, non riuscii a fare altro che pronunciare una fervente preghiera dal più profondo di me stessa: “Fa che sia in salute”, chiesi, e in brevissimo tempo l’aiuto arrivò. Col tempo queste manifestazioni fisiche si andarono affievolendo e nel caso ricorrevo sempre al contatto telefonico di una buona amica.
La malattia di cui soffrii nella mia solitudine esteriore e interiore ha sempre rappresentato un momento di transizione profonda, come entrare nella fase di pupazione, momenti in cui venivo confrontata con me stessa in maniera completa. Una buona conversazione che aiuti a vedere i propri lati più nascosti è un ottimo viatico su questo cammino.
Spesso vivo le esperienze della vita come veri e propri miracoli. Non vi è forse qualcosa di estremamente più grande a cui possiamo unirci, qualcosa che possa anche far guarire i nostri corpi? I poteri dell’auto guarigione sono celati in noi stessi, possiamo scoprirli, stimolarli alla crescita e anche mantenerli attivi per mezzo di una vita sana e salutare. La mancanza di paura è un altro grande aiuto, per lo meno quando è la manifestazione di una profonda fiducia in una fonte d’amore sconosciuta, fiducia in se stessi e nel nostro medico interiore. Ovviamente spesso si ricade nel dubbio e la fiducia può crollare da un momento all’altro, ma quando sono veramente confrontata con me stessa, scelgo sempre il cammino della fiducia, il cammino in cui so chi mi guida e mi protegge. Questa è la mia esperienza, ciò che ho potuto sentire direttamente come presenza di un ordine superiore.
Amare esperienze, malattia, delusione, tutto ciò è quanto precede, e spesso preannuncia, l’entrata nello stato di pupazione della farfalla che nascerà, l’essere umano che sarà, in modo che la vita che verrà potrà essere vista con occhi nuovi, gli occhi della nuova anima.
Come la farfalla prende coscienza di sé
La trasformazione del bruco in farfalla è un’immagine che viene spesso usata per descrivere una profonda trasformazione interiore, una trasformazione che avviene tramite il passaggio di tre fasi ben distinte: il bruco, la pupa o crisalide e infine la farfalla. Ma cosa accade veramente? Il biologo e scrittore americano Norie Huddle ha studiato a fondo le implicazioni biologiche di questa trasformazione (descritte nel suo libro La Farfalla – Un piccolo racconto di una grande trasformazione, 1990).
Quando il bruco si avvolge nel suo bozzolo si sviluppano in parallelo due processi: alcuni enzimi cominciano a dissolvere la sua struttura cellulare e nel contempo vengono formate tutta una serie di nuove cellule che differiscono profondamente da quelle del bruco. Si potrebbe dire che queste cellule vibrano a una frequenza diversa da quelle del resto del corpo del bruco. Norie Huddle le chiama “cellule immagine” perché in esse è contenuta l’informazione di ciò che dovrà essere la farfalla in formazione.
Tuttavia, il sistema immunitario del bruco riconosce queste cellule come nemiche, come corpi estranei, e fa di tutto per provare a distruggerle. In principio infatti vi riesce, ma con il procedere del decadimento fisico e della trasformazione in pupa, il sistema immunitario del bruco non è più in grado di distruggerle abbastanza rapidamente.
Il risultato è che sempre più cellule immagine sopravvivono e si uniscono in ammassi globulari, seguendo il disegno prestabilito. Infine, a tempo debito, succede un’altra cosa del tutto sorprendente: questi ammassi di cellule immagine si dispongono in formazioni lunghe e filamentose, formando vere e proprie reti. Queste reti a loro volta portano ad uno scambio di informazioni cellulari sempre maggiori, fino a che la nuova struttura non prende letteralmente coscienza di essere qualcosa di definito, qualcosa di nuovo! Questa realizzazione della propria identità è la nascita della farfalla. Ora ognuna delle cellule immagine ha un ruolo ben definito e l’informazione che porta costituisce uno o l’altro organo o aspetto della nuova forma.
Questa è la fine, dice il bruco.
No, è solo l’inizio, dice la farfalla.