La saggezza giocosa del Santo Folle
I bambini giocano con il loro mondo. Nel gioco tutto è possibile: gli opposti si dissolvono, le identità si spostano e la rigidità della realtà lascia il posto a una creatività senza limiti. Il gioco crea uno spazio zero, uno stato di esistenza non identificato. Nel corso della storia, i bambini e i santi folli di tutte le culture ci hanno insegnato la saggezza dell’umorismo e della leggerezza come stile di vita.
La natura ludica dell’essere
I miei nipoti sono in visita. L’intero tappeto del soggiorno si trasforma in una rete ramificata di una ferrovia di legno: stazioni, cabine di segnalazione, gru, ponti e incroci completano il paesaggio. Lena e Maila sono impegnate a costruire un ospedale per bambini con mattoni di legno: una sala operatoria, un grande tavolo operatorio e diverse stanze con 20 letti.
“Potrebbe esserci un incidente”, spiega Maila. Il treno inizia a muoversi. Lena ha riempito tutti i vagoni di figure Playmobil. Alla seconda curva, la parte posteriore del treno urta un pilastro del ponte e deraglia. Il disastro si compie.
I bambini chiamano eccitati i soccorsi. Un treno di soccorso viene inviato sul posto e trasporta i feriti all’ospedale. “Nonno, puoi interpretare un bambino che si è rotto un braccio?”. Accetto e mi sdraio sul divano, il “tavolo operatorio”. In pochi istanti, Lena e Maila assumono il ruolo di medico e infermiera d’urgenza, indossando camici bianchi immaginari. La situazione è seria, ma a stento riescono a trattenere le risate.
Dopo un’elaborata serie di “iniezioni sedative”, Lena mi avvolge un “gesso” intorno al braccio, estendendolo gradualmente alla parte superiore, poi alle gambe. Due spessi gessi mi vengono messi sulla testa, nonostante le mie proteste per il fatto che solo il braccio è rotto. Il gioco è assurdo, spontaneo e profondamente gioioso.
I bambini costruiscono interi mondi attraverso il gioco. Le regole emergono e scompaiono, i disastri si invertono e le battaglie si risolvono in risate. Nel loro mondo, la catastrofe si trasforma in salvezza, la solennità in gioia e la morte in resurrezione. All’interno di questa realtà fluida, tutto è possibile, una presenza infinita e sempre mutevole.
Se non diventerete come i bambini…
Gesù disse:
In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli (*1).
Il filosofo e poeta indiano Rabindranath Tagore reinterpreta questo passo:
Dio ci onora quando lavoriamo, ma ci ama quando giochiamo (*2).
Questa affermazione non sembra paradossale, o addirittura assurda, nel mondo di oggi? Viviamo in un sistema governato dalla razionalizzazione, dall’efficienza e da strutture rigide. C’è poco spazio per l’esplorazione creativa, per l’impegno giocoso con le possibilità della vita.
Eppure, la grande trasformazione – sia nelle vite individuali sia su scala planetaria – richiede proprio questo cambiamento: l’allentamento dell’identificazione con ideali rigidi, narrazioni personali e legami emotivi fissi. Ci invita a trascendere il pensiero dualistico e ad abbracciare una coscienza più profonda e fluida, radicata nell’amore, nell’apertura e nel non attaccamento.
Nei primi anni di vita, i bambini rimangono strettamente connessi a questo stato primordiale dell’essere, la fonte creativa senza forma dove tutto è possibile. Da adulti, invece, accumuliamo strati di condizionamento, incastrandoci in identità e giudizi rigidi.
Il gioco offre una via di ritorno a questa coscienza primordiale, un regno al di là dell’opposizione e della divisione:
La coscienza primordiale è al di là del cambiamento e del non cambiamento. Quando si realizza la nostra vera natura, diventa evidente che il silenzio e il rumore non sono altro che opposti creati dalla mente. Tutto esiste già nella quiete primordiale. Il movimento del mondo è identico all’immobilità. Siate fermi e riconoscete; siate in movimento e riconoscete. Tutto è vuoto danzante. (*3)
Come ci ricorda il Tao Te Ching:
Il pesante è la radice della leggerezza; ciò che rimane in riposo è il maestro del movimento (*4).
Il mito del Santo Folle
Un mondo ossessionato dall’identificazione, dalla razionalizzazione e dallo scopo richiede un contrappeso, una forza di opposizione, un perturbatore, un folle. Attraverso le culture e i secoli, il giullare ha incarnato questo ruolo, una contraddizione vivente alle norme rigide.
Till Eulenspiegel mette a nudo l’avidità e la follia umana. Hans Wurst è più sciocco degli sciocchi che prende in giro. Mulla Nasruddin, il saggio Folle del mondo arabo-persiano, mescola umorismo e saggezza. Pierrot, il clown malinconico, e Arlecchino, il furbo imbroglione, hanno radici profonde nella tradizione teatrale europea. Con il suo naso rosso, il clown del circo è emerso nel XVIII secolo per disturbare gli spettacoli strutturati. Persino la Chiesa permette un temporaneo sconvolgimento, il carnevale, un momento di inversione e di baldoria.
L’Heyoka è più di un semplice giullare nelle tradizioni indigene del Nord America. È un paradosso sacro, un perturbatore saggio e benevolo. Guaritore, insegnante e guida, incarna la fluidità dell’essere. (*5)
Il clown Heyoka si trova sia all’interno che all’esterno della sua comunità, rispettato ma anche emarginato. La sua autorità è divina e la sua missione è smantellare la paura della colpa, della punizione, del dolore e persino della morte. Nel mito della creazione dei Jicarilla Apache, l’Heyoka conduce le persone dalle tenebre alla luce.
Il suo scopo è quello di scuotere le persone dalle loro opinioni rigide e dalle emozioni stagnanti. Rovescia i rituali, esagera le tradizioni e mette in scena la follia umana, non per ridicolizzare ma per guarire. Egli incarna la contraddizione: il goloso imbroglione che si rimpinza senza vergogna, il Matto autoironico che inciampa nei propri piedi, lo specchio in cui le persone vedono riflesse le proprie assurdità. Attraverso la risata, egli libera. Attraverso il gioco, ricollega la tribù al divino. È il trasformatore per eccellenza, il ponte tra i mondi (*5).
Il sentiero del vero “zero”
Il folle, lo sciocco, l’emarginato: queste figure sono “zero”. Non esercitano alcun potere, ma trasformano il mondo attraverso la presenza, l’umorismo e la verità. Il Matto rimane autentico perché rifiuta di essere confinato da identità imposte. Egli compie il “salto del folle”, seguendo la strada del cuore e abbracciando il presente assoluto.
Non siamo forse tutti sciocchi nel nostro intimo? Sotto le identità e le convinzioni accumulate, siamo essenzialmente integri, sani fino al midollo. Il Folle ci invita ad affrontare le nostre contraddizioni con una risata, a guardare negli occhi le nostre paure e ad abbracciare il nostro “zero” interiore.
La vera libertà nasce quando gli opposti coesistono. Riconoscere le nostre contraddizioni, abbracciare l’imperfezione e accogliere il disagio fanno parte della lucidatura dello specchio dell’anima. Quando ci arrendiamo a questa fluidità, riscopriamo la saggezza del bambino e la giocosità del Santo Folle. E ora più che mai il mondo ha bisogno di entrambe.
Preghiera per il gioco
Dio, fa’ che ogni giorno vediamo la tua luce
e che oggi non siamo appesantiti dai propositi.
Fa’ che non facciamo solo ciò che è necessario e serio.
Gioca con noi, Dio, e facci giocare con Te:
come il vento gioca sull’acqua con la luce,
come la meraviglia e la curiosità danzano
sul volto di un bambino.
Facci vedere la Tua luce anche nella più piccola pozzanghera lungo la strada.Dorothee Sölle (*6)
Riferimenti
(*1) Matteo 18:3
(*2) Rabindranath Tagore, via Martina Rambusch-Nowak
(*3) Samadhi Part 3 – The Pathless Path, (Il sentiero senza sentieri) Daniel J. Schmidt & Tanja Mahar
(*4) Tao Te Ching, Capitolo 26
(*5) David Gilmore, The Roots of the Fool (Le radici della follia)
(*6) Dorothee Sölle, Praising Without Lying (Lodare senza mentire)