Komorebi: i raggi di luce della nostalgia

Un mio amico musicista mi ha mandato un invito al concerto di un duo musicale electro-pop chiamato Komorebi. I due musicisti intendevano illustrare, in un concerto che sarebbe durato un'intera notte, un "viaggio intraducibile".

Komorebi: i raggi di luce della nostalgia

In queste giornate autunnali mi piace fare passeggiate nei boschi, in un momento in cui il sole, già basso all’orizzonte, manda raggi obliqui attraverso gli alberi ad alto fusto. Il mio posto preferito è una foresta di ontani. Gli alberi alzano i loro tronchi grigio scuro sopra le fronde verdi di grandi felci aquiline, più grandi di un uomo, mentre i miei piedi affondano un po’ nella torba umida. È un’atmosfera misteriosa di sorgenti, stagni e fitta foresta. Mi piace fotografare questi luoghi. Spesso, nelle foto, compaiono delle sfere, e sembrano fate che danzano nei raggi di luce dorata. È come se mi sentissi chiamato da questi raggi, chiamato in un altro universo, chiamato in un universo dorato che intravedo, oltre la foresta oscura.

Una sera, di ritorno da una lunga passeggiata, per una strana sincronicità, un mio amico musicista mi ha mandato un invito al concerto di un duo musicale electro-pop chiamato Komorebi. I due musicisti intendevano illustrare, in un concerto che sarebbe durato un’intera notte, un “viaggio intraducibile”. La sensazione di essere un estraneo sulla terra, chiamato da un altro universo. La parola Komorebi illustrava perfettamente questa sensazione, secondo loro. Questa parola giapponese non ha una traduzione esatta nella lingua inglese. Komorebi significa letteralmente “la luce che passa tra le foglie degli alberi”, e più precisamente la luce che assorda, come l’acqua di una sorgente che sgorga dalla terra. Nella lingua giapponese, questo kanji esprime la nostalgia, l’emozione della perdita di una persona cara, la presenza di un luogo o di uno stato interiore che cerca di manifestarsi. È lo stato nostalgico di ciò che amo ed è lontano, irraggiungibile eppure visibile, proprio come la luce obliqua del sole attraverso le foglie.

Ricordo che quando ero ancora un bambino molto piccolo, forse 2 o 3 anni, avevo una sensazione molto forte di non essere umano. Mi sembrava di venire da una galassia lontana, da un altro pianeta e, comunque, di non essere assolutamente uno degli abitanti della terra. Avevo una fortissima sensazione che, il giorno in cui avrei voluto farlo con sufficiente intensità, sarei volato via per lasciare questo pianeta, che mi sembrava del tutto inospitale e inadatto alla vita umana. Un giorno, dovevo avere probabilmente tra i 3 e i 4 anni, ricordo molto bene di aver salutato mia madre, mentre stavamo andando al parco, correndo poi con tutta la velocità delle mie gambette, allargando le braccia e, con l’immaginazione, alzandomi maestosamente nell’aria per trovare la mia vera patria.

Ciò che seguì era abbastanza prevedibile, e molto più tardi mia madre mi disse che proprio non capiva perché, quando avevo due o tre anni, correvo davanti a lei e cadevo in avanti, come se fossi risucchiato da qualcosa di invisibile. Mi ha detto che aveva paura che potessi avere problemi di equilibrio e mi fece vedere da un pediatra. Il dottore, vestito con camice bianco e barba, aveva una voce rassicurante e pacata e le promise che “sarebbe passato”.

La mia voglia di evasione si affievolì e da quel momento immaginavo di entrare in questo mondo, la mia vera patria, quando salivo i due o tre gradini della scaletta in cucina… Poi, scendendo un altro gradino, dovevo affrontare i fatti: ero in questo mondo per restare a lungo, quindi era meglio avere pazienza.

A distanza di oltre 50 anni, provo ancora questa sensazione di essere un estraneo al mondo, questa inestinguibile nostalgia di non far parte di questo pianeta, soprattutto quando vedo i raggi di luce danzare tra le foglie degli alberi.

La sera, appena prima del tramonto, non sono solo i raggi del crepuscolo che vedo, è il bagliore dorato di un mondo incantato, il mondo meraviglioso che è la mia vera casa. In questo momento particolare, si leva il velo che separa la realtà opaca e grigia di ogni giorno. Con ogni raggio, con ogni movimento e con ogni luccichio tra le foglie degli alberi, vedo il mondo che mi aspetta. I raggi della nostalgia, Komorebi, mi mostrano la strada.

La prossima volta che tu, lettore, cammini al tramonto in una foresta, fai attenzione ai raggi di luce, sentirai anche tu la nostalgia per un altro universo.

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Informazioni sull'articolo

Data: Novembre 24, 2021
Autore / Autrice : Sylvain Gillier-Imbs (France)

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