Nell’evoluzione naturale, l’inclinazione a fare sacrifici per preservare la specie è una cosa ovvia e sensata. Nel nostro organismo, le cellule si “sacrificano” continuamente per fare spazio alle nuove cellule, in modo da mantenere il continuo rinnovamento della vita.
Da questo punto di vista naturale, essere disposti a donare un organo è una decisione coraggiosa e generosa.
L’essere umano, tuttavia, non è solo un corpo fisico, è anche un’entità multidimensionale. È, per così dire, un cittadino di due mondi. In lui, “l’eterno figlio dei cieli” è unito al transitorio figlio della terra.
La connessione tra un principio spirituale immateriale e un essere biologico è il segno distintivo di un essere umano. Questo gli assegna anche un significato e un compito speciali. È nel grembo della madre che l’essere spirituale si collega alla forma corporea biologica. Durante il processo di morte si separa di nuovo da essa e porta con sé il raccolto di esperienze come crescita della coscienza.
Dopo una fase intermedia di elaborazione nei mondi sottili, si congiunge con un nuovo essere terreno. Preparandosi per un’altra immersione nel mondo fisico, l’entità spirituale esamina e accetta le condizioni essenziali della vita futura, utili per risvegliare la sua coscienza spirituale nel mondo della materia. Questo è l’obiettivo reale della nostra esistenza. Il nostro libero arbitrio è unito alla nostra identità spirituale. In altre parole, prima della nostra nascita abbiamo detto “sì” alla nostra vita futura, con tutti i suoi alti e bassi, perché volevamo accettare le sue lezioni e siamo quindi pronti a emendare i vecchi fallimenti sul percorso di sviluppo nell’attuale incarnazione.
È quindi la nostra anima celeste che determina il momento della nostra incarnazione. Ed è lei che stabilisce il momento giusto in cui il nostro cuore deve smettere di battere e quindi porre fine alla nostra vita fisica. Fattori molesti possono, tuttavia, interferire con questo piano e porre fine a una vita prematuramente o prolungarla artificialmente.
Nel processo di morte è essenziale che la nostra vera identità, il nostro essere spirituale, sia in grado di effettuare un esame tranquillo dei momenti essenziali dell’esperienza della vita appena passata, per portarli con sé come raccolto di coscienza. Questo accade quando la coscienza terrena svanisce. Questo raccolto di coscienza può essere usato nel mondo dell’aldilà per un’ulteriore crescita della consapevolezza spirituale, e con questo potenziale preparare una nuova incarnazione con le condizioni più favorevoli.
Questo esame critico del “film” della vita appena terminata è descritto in tutti gli insegnamenti di saggezza. I “libri dei morti” sono stati scritti nelle culture asiatiche e anche in Egitto. Questi testi erano letti ad alta voce ai morenti nelle loro ultime ore, e anche per qualche tempo dopo la loro morte, per facilitare il loro passaggio dal mondo fisico all’aldilà. All’epoca era ben noto – e ora è confermato dalla scienza moderna – che l’organo uditivo è l’organo che muore per ultimo. Possiamo quindi comprendere quanto sia importante non accompagnare i nostri amici morenti con parole inutili o negative nei loro ultimi momenti. L’organo dell’udito è anche il primo a risvegliarsi nel feto. Sente la voce affettuosa di sua madre, percepisce la musica. Anche qui si possono coltivare comportamenti utili e consapevoli per aiutare la transizione del nuovo essere nel mondo fisico in modo delicato e amorevole.
Esperienze di pre-morte
Possiamo trovare la conferma di questi processi nelle migliaia di esperienze di pre-morte che, ad oggi, sono conosciute e registrate.
È interessante e utile per noi sapere che tutti coloro che hanno vissuto un’esperienza prossima alla morte hanno perso ogni paura della morte. Hanno compreso che ciò che è invisibile ai nostri organi sensoriali materiali non è qualcosa di innaturale o incomprensibile. “Oltre” significa semplicemente oltre la nostra esperienza sensoriale. Pertanto, la morte fa paura solo se non comprendiamo che in realtà siamo immortali.
Esperienze dell’aldilà di questo tipo conferiscono alla coscienza una qualità cognitiva completamente nuova, che consente di cogliere le connessioni interiori in una visione olistica, e questo ci aiuta a comprendere i limiti della nostra conoscenza intellettuale accumulata. Diventiamo consapevoli della linea di separazione tra lo spirito (immortale) e la mente (mortale).
Ciò che apprendiamo teoricamente in questo mondo è utile alla nostra mente, è registrato nel nostro cervello e rimane nella sfera terrena. Solo ciò che sperimentiamo e percepiamo a un livello più profondo, essenziale, sarà memorizzato e ci accompagnerà nell’aldilà.
Di norma non permettiamo allo Spirito di guidare le nostre vite. Tendiamo a prendere il controllo noi stessi, perché l’essere divino-spirituale che sta dietro di noi non può raggiungere la nostra coscienza. Pertanto, interferiamo spesso con gli eventi naturali senza essere in grado di prevederne le conseguenze; di solito manca la vera conoscenza della struttura cibernetica della creazione.
Le esperienze di pre-morte, in cui la coscienza supera il confine della mente materiale, forniscono all’essere umano intuizioni completamente nuove e trasformano completamente la vita materiale di questa persona: il senso della sua esistenza terrena diventa improvvisamente chiaro.
Alcuni sostengono che queste esperienze siano dovute alla carenza di ossigeno nel cervello, appare così un mondo allucinatorio. Tuttavia, come è possibile che nascano intuizioni così luminose che cambiano la vita?
L’americano Eben Alexander, un neurochirurgo addestrato e plasmato dalla scienza materialistica, ha riportato intense impressioni da un’esperienza di pre-morte che ha cambiato completamente la sua vita. Scrive: «Solo quando lasciamo alle spalle i limiti del nostro corpo fisico e del suo cervello, possiamo comprendere l’incommensurabile vastità della comunità con l’intera creazione e sperimentare l’amore sconfinato del Creatore».
Un’esperienza di pre-morte è vissuta nella fase di transizione, durante la quale la coscienza cerebrale è disattivata, ma il filo vitale tra lo spirituale, l’anima e i corpi sottili da un lato e il corpo materiale dall’altro non sono ancora definitivamente separati. È qui che inizia la grande disamina della vita vissuta fino a quel momento. È interessante notare che non c’è un’autorità esterna come essere giudicante, ma piuttosto è la persona stessa che vede scorrere il panorama della sua vita per portare con sé l’essenza della sua biografia nella coscienza. Questa essenza può quindi essere condotta avanti in un viaggio evolutivo verso molti obiettivi previsti; un viaggio in cui alla fine lascerà tutto alle spalle in una coscienza cosmica onnicomprensiva.
Dopo le esperienze di pre-morte, le persone tornano a questa vita. Ciò è possibile poiché il filo d’argento che unisce ciò che andrà nell’aldilà e il corpo materiale non è stato tagliato e separato in modo permanente.
L’essere umano è un essere composito, da un lato spirito immateriale, dall’altro forma materiale sottile e grossolana. E poi c’è l’anima, che è sia spirituale sia materiale. L’anima dell’essere umano è mortale in un modo e immortale in un altro.
Quando moriamo, ha luogo una separazione di questa composizione. La morte è una specie di rinascita nel mondo dell’aldilà.
Nel sonno, che è il fratellino della morte, c’è un allentamento dell’essere composito, ma non una separazione. Nei sogni possiamo vedere senza l’apparato ottico dei nostri occhi.
Nelle esperienze di pre-morte, in cui l’allentamento della struttura è molto più pronunciato, sperimentiamo livelli di percezione amplificati. Anche il tempo viene percepito in modo accelerato.
Spirito, anima e corpo sono tenuti insieme dalle radiazioni elettromagnetiche. L’anima collega il mortale con l’immortale. Quando moriamo, la forma sottile si alza dal corpo materiale; lo lascia e non gli dà più energia vitale. Si allontana come un palloncino non più trattenuto. Il corpo fisico rimane senza anima.
Per comprendere meglio queste relazioni, vorremmo dare un’occhiata più da vicino all’essere umano nella sua multi-dimensionalità.
(continua)