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L’unità, l’uno e unico è ciò che ci manca. Abbiamo bisogno del pezzo mancante del puzzle. Il mondo intero lo sta cercando, per lo più a livello inconscio.
In un precedente stato (inconscio) dell’essere, l’uomo viveva in questa unità. Lo possiamo leggere in ADAM, scritto ADM in ebraico. Le lettere ebraiche non hanno vocali, solo consonanti. Le vocali possono essere posizionate ovunque. Sono prodotti del pensiero. Come mai? Sono come la vita; danno il tono ma non sono fisse. Sono lasciate aperte per il bene dell’uomo. Sta a lui posizionarle.
La parola Adam rappresenta l’umanità. Si scrive con i segni Aleph, Daleth e Mem, i cui valori sono 1, 4 e 40 e nel totale delle cifre costituiscono il numero 9. Da tempo immemorabile il numero 9 è considerato il numero dell’essere umano, l’essere umano che ha trovato l’unità dello spirito, dell’anima e del corpo. La cosa peculiare della parola Adam è che se si omette l’1, l’Aleph, significa “sangue”. Il cuore, in questo mondo che non ha trovato l’unità interiore, è generalmente visto solo come una “pompa” per il sangue.
Un esempio simile dell’intelligenza dietro il linguaggio è la parola ebraica per verità: emeth (1-40-400). Se omettiamo l’1, otteniamo la parola “morte”.
Ma arriva il momento in cui la misura di tutte le cose è colma, il momento in cui la botte inizia a traboccare, per così dire, il giorno in cui l’uomo ne ha “avuto abbastanza”, abbastanza della posizione obliqua in cui si trova.
Allora sorgono domande che permettono di scavare nel profondo. Il cuore dell’uomo gli dà coraggio per farlo (in francese la parola coeur = cuore è legata al coraggio). Rompe con cura uno strato in se stesso, lo strato di cui è stato finora innamorato, in cui ha visto il suo riflesso come in uno specchio. Questo ricorda Narciso, il giovane della mitologia greca che si innamorò del proprio riflesso, e quando una foglia cadde sulla superficie dell’acqua, credette che l’immagine distorta fosse la propria.
Occorre rinunciare a questo volto personale per un altro volto, per un incontro come quello che Maria ha vissuto nell’omonimo Vangelo (Il Vangelo gnostico secondo Maria). In esso spiega ai discepoli di aver visto il Signore “in un volto” e gli chiede: “Signore, un uomo vede il volto con l’anima o con lo spirito?” Al che il Salvatore rispose: “Egli non vede con l’anima, né con lo spirito: ma ciò che è tra questi due. È la mente [l’unità di cuore e testa] che vede la visione”.
Qualcosa che esisteva prima di noi bussa delicatamente alla nostra coscienza. Cambia questo mondo più di quanto qualsiasi concetto teorico possa mai fare, e spinge l’uomo in una realtà diversa. Se segui questo impulso, sei ancora nel mondo, ma non più del mondo. Da ciò si sviluppa uno spazio in cui l’anima si rinnova e ricomincia a respirare. L’uomo si risveglia dal suo precedente stato di sogno e vede in sé, nella sua mente e nel suo apparato sensoriale le cose più sacre: la dignità interiore, la gloria di Dio.
Le immagini sonore e scritte, come quelle della Kabbalah, ora lo raggiungono in un modo completamente diverso. Si rivelano a lui attraverso la sua nuova apertura, dischiusa da una chiave che il cuore ha ricevuto dal profondo, al di là dei sentimenti e delle emozioni. [1] Un’unità risorge nella personalità come immagine e somiglianza di una linea di forza fino a quel momento incompresa. L’anello di congiunzione (il pezzo del puzzle che mancava) è la coscienza che può permettere questo cambiamento e “lasciare andare” l’essere precedente. La partecipazione al tutto può ora proiettarsi in questa coscienza.
Nella contemplazione gioiosa, una lacrima (ebraico: yod) si dissolve e forma la lettera yod (valore 10), che inizia con l’Uno, l’Unità e l’Unico dall'”alto”. Di fronte all’Unità, nel Giardino dell’Amore, sul Pianeta Terra originario, un tempo viveva l’essere umano androgino, unito come uomo e donna in un solo corpo.
“Più tardi [comunque] l’uomo diventa bisessuale e il riflesso cambia. Quindi vediamo che il mondo divino si riflette sulla Terra come un 10 attraverso l’essere umano “frammentato”, diviso in maschio e femmina, che insieme formano un 10 spezzato (= Yod). Questo Yod si divide in 2 Hehs (segno per “finestra”; con il valore numerico 5).” [2]
In una casa, una finestra permette di guardare fuori. I due segni uno di fronte all’altro si riflettono nel segno di Wawin, simbolo dell’originale forma umana integrata.
Possiamo fare dello spazio tra noi (lo spazio “tra i due segni”) uno spazio libero, un vuoto in cui il processo di diventare umani può iniziare il suo corso di guarigione. Da esso sorge il volto divino – il volto immortale dell’uomo.
[1] Jan van Rijckenborgh e Catharose de Petri, La Gnosi universale, Capitolo 1
[2] Benita Kleiberg, Rose e Kabbalah, Crystal Series 10, Rosenkreuz Verlag, Birnbach