(Alla parte 1)
La Via
Il primo passo sulla Via, qualunque forma e linguaggio assuma questa Via, è la comprensione dei meccanismi di confinamento della coscienza stessa. Questa è un’informazione comprensibile. Per prepararsi ad una fuga bisogna prima studiare attentamente la planimetria del carcere, i suoi punti deboli, il ritmo dei turni di guardia, i giorni e le ore di rifornimento o trasferimento, ecc. e conoscere le basi della vita fuori le mura.
Il secondo passo è la sensazione dolorosa della pressione dell’io, l’esperienza intima della sua multiforme presa e delle sue conseguenze sul corpo, sulle emozioni e sui pensieri. Questa conoscenza di prima mano darà alle informazioni intelligibili sapore, rilievo, colore. Le anima, gli dà vita e suscita un potente desiderio di liberazione, uno slancio dinamico. Senza questa animazione, senza questo indispensabile supplemento dell’anima, senza questa emozione, questa comprensione puramente intellettuale resta lettera morta, un interesse superficiale: non muove nulla, non ci mette in moto; ci apre gli occhi ma rimaniamo paralizzati. Leggere un articolo su una carestia o una dittatura non è affatto la stessa cosa che subirle nella carne. L’informazione diventa chiara coscienza attraverso l’esperienza interiore.
Il terzo passo è l’impegno personale alla Via, la disobbedienza quotidiana, cosciente e volontaria, alle ingiunzioni dell’ego, sulla base della comprensione, della conoscenza di sé e dell’aspirazione alla libertà. È un lavoro di sottrazione, di neutralizzazione degli automatismi, un abbandonarsi alla Via stessa. Il risultato è una sorta di scomoda leggerezza, di liberatoria espropriazione, ma anche un’immensa gratitudine per essere riusciti a porre fine a decenni di schiavitù dell’ego.
Il quarto passo segue in modo abbastanza naturale dai precedenti. È un atteggiamento nuovo, non programmato di fronte alle circostanze, agli eventi, agli incontri; un atteggiamento, in tutti gli aspetti dell’esistenza, che tiene conto spontaneamente dell’interesse del tutto, del bene comune che include (ma non si limita a) se stessi. Un lucido disinteresse, una disponibilità libera da ogni aspettativa.
La coltivazione e la fioritura di questi quattro aspetti della Via apre la porta a un nuovo mondo, un campo di coscienza finora inesplorato. Non è un campo più o meno lontano, al confine del quale ci avrebbe condotto il nostro viaggio. No, il nuovo mondo è sempre stato, è tuttora e sarà sempre qui. Semplicemente, il nostro precedente stato di coscienza, inadeguato perché egocentrico, ci ha negato l’accesso ad esso. Quando la fitta nebbia dell’egocentrismo si dissolve, appare una nuova realtà. Non è un “viaggio verso”, ma un progressivo innalzamento del livello di coscienza che si apre a un dominio di percezione completamente diverso, ne consente l’effettivo ingresso e rivela una nuova capacità di azione.
Sognare una società equa, non violenta, basata sul rispetto del bene comune e della natura, resta un’utopia se non si risolve la questione dell’ego. È come progettare un ovile modello dove le pecore possano condurre una vita sana, felice, equilibrata e realizzata, senza prima considerare l’eliminazione del lupo che lo abita.
La rimozione dell’ego è la conditio sine qua non per la risoluzione dell’attuale multiforme crisi. Nella misura in cui questa crisi globale mette in luce la possibilità di un’imminente e violenta estinzione della specie umana – estinzione dovuta alle conseguenze del suo modo di pensare, desiderare e agire – possiamo dedurre che il risveglio di una nuova coscienza, liberata dagli automatismi dell’ego, è un passo necessario se vogliamo considerare la nostra sopravvivenza collettiva. Parafrasando André Malraux: l’essere umano del 3° millennio sarà spirituale o non sarà. Questa è la nostra prima e ultima responsabilità. Se non affrontiamo questo compito, i nostri sforzi per preservare il pianeta e la sua umanità saranno un’agitazione vana e insufficiente.
Solo l’emergere del nuovo (ed eterno!) paradigma sopra delineato, l’auto-rivoluzione interiore silenziosa e assidua, forse affrettata dalla fine minacciosa, potrà gettare i semi di una rinascita civilizzatrice che sappia trarre le conseguenze del passato, del fondamentale errore di orientamento di cui siamo insieme responsabili e vittime.
La nostra unica scelta, la nostra unica libertà, sta nell’atteggiamento che adottiamo qui, oggi, di fronte all’incertezza che caratterizza la nostra esistenza.
La società che ci circonda è una costruzione di cui noi siamo le pietre vive. Se le pietre sono deteriorate si disintegrano, e non c’è da meravigliarsi se la costruzione crolla. Non è una nuova sistemazione delle stesse pietre di cui abbiamo urgente bisogno oggi, ma una trasformazione radicale, una vera mutazione, una rigenerazione, una guarigione spirituale di queste pietre che siamo. Solo allora potremo parlare di una nuova organizzazione dell’umanità, un’organizzazione sana, pacifica, ispirata, amorevole, felice.
L’egocentrismo, questa malattia della coscienza, questa droga allucinogena che fa credere agli esseri umani di essere al centro di tutto, anche se invisibile, non riconosciuto, domina universalmente.
La tanto agognata “soluzione” non verrà da un nuovo modello di organizzazione, ma nella (ri)nascita di un nuovo uomo, una nuova donna, rigenerata interiormente attraverso un intenso lavoro su di sé, un lavoro sincero, perseverante e senza compromessi. Non nel tentativo di raggiungere una meta, per quanto lodevole possa essere, ma sulla base di una comprensione, un’aspirazione e un’angoscia radicate nelle profondità del proprio essere – abisso inaccessibile all’ego – sulla base della certezza che questa è l’unica Via che desideri, devi e puoi percorrere, e una genuina e disperata compassione per l’umanità sofferente.
Come comunità umana, siamo pericolosamente vicini a un punto di rottura storico. Il muro fatale è ormai molto vicino e stiamo accelerando ogni giorno. Questa situazione – senza precedenti nella storia planetaria perché globale – in cui le attività di una specie minacciano la sopravvivenza di tutte le altre, inclusa la sua stessa sopravvivenza, è sia spaventosa che affascinante. Perché obbliga noi, suoi autori, a prendere la misura della nostra cecità, della nostra follia, ad aprire gli occhi e a porvi rimedio attivamente. Abbiamo così l’inedita “possibilità” di essere, per così dire, costretti a lasciar andare le nostre prerogative, le nostre concezioni erronee e distruttive di noi stessi, dei nostri simili e dei viventi, per fare finalmente il salto di qualità verso cui le tradizioni spirituali ci hanno sempre invitato: fare il passo decisivo di una rivoluzione totale della coscienza, unica via d’uscita dal grande problema che siamo diventati come individui e come specie. Non siamo di fronte a un problema: siamo il problema stesso. Tutte le altre specie viventi sulla terra potrebbero testimoniarlo, se fossero dotate di parole!
La collisione, lo scontro attuale – di cui siamo testimoni e attori – oppone da un lato la nostra aspirazione infinita a un mondo di Luce, e dall’altro un mondo materiale apparente sempre più oscuro, pesante, complesso, agitato, soffocante, ingiusto, disumano, difficile da vivere. Da un lato la nostra sete di umanità nuova, rivolta verso la Sorgente interiore da cui tutto proviene, e dall’altro una coscienza dell’io sempre più densa, cristallizzata, tesa sulle sue preoccupazioni e interessi immediati, dominata dalla paura di perdere o fallire, dalla sua sconfinata avidità di controllo, di beni materiali, di piacere e di sicurezza. La crisi attuale è, infatti, il risultato di questa divisione interiore, di questo profondo strappo dell’essere che è diventato insopportabile.
Un nuovo essere umano deve nascere, nascerà, nascerà da noi stessi, totalmente ripulito dalle scorie dell’illusione e dal devastante egocentrismo della realtà. Può solo rinascere dalle ceneri dell’ego. Un percorso di ritorno alla saggezza non è più un’opzione: è l’ultimatum che la natura e la nostra stessa sopravvivenza materiale ci stanno dando. Ai margini di questo cammino sbocciano e crescono i fiori del buon senso, della sobrietà, dell’umiltà, della conoscenza e del rispetto delle leggi della vita, della consapevolezza dell’unità di tutto e di tutti, della responsabilità e della compassione.