Qual è la verità? La conosciamo mai veramente? Alcune cose sembrano diverse a persone diverse e persino alla stessa persona in momenti diversi. Qual è dunque la verità?
Avete mai notato che ogni fatto genera in sé una versione e questa viene raccontata o percepita da un certo punto di vista?
Il sentimento di identificazione e appartenenza e l’esempio del calcio
Avete presente quando in una partita di calcio il tiro dell’attaccante colpisce la traversa della porta e torna a terra quasi oltre la linea del portiere? Chi guarda da dietro festeggia il gol, chi guarda di lato pensa che la palla non sia entrata in rete, il telecronista che guarda dall’alto non è sicuro, la squadra avversaria si lamenta subito, la squadra che vorrebbe attribuirsi il gol preme per la validazione del tiro… infine, se la verità è una sola, perché tante versioni e narrazioni dello stesso fenomeno?
Gli esseri umani hanno coscienze diverse. Potremmo dire che la coscienza di ognuno è determinata dai pensieri, sentimenti, azioni e reazioni, basati sulle proprie esperienze di vita. Quindi, la persona che si identifica con una certa visione, finisce per orientare un po’ la sua percezione in quella direzione; in questo caso si suol dire che c’è una visione parziale dei fatti. Nel nostro esempio il tifoso della squadra che ha calciato il pallone, si identifica con essa, quindi invariabilmente ha una visione che sostanzia il suo vantaggio sull’altra, da qui l’urlo immediato e reattivo per il gol.
Nel calcio, hanno risolto in un modo semplice le eventuali discrepanze di vedute a vantaggio dell’”oggettività”. Sulla palla è stato posizionato un dispositivo che in caso di tiri dubbi mostra se essa è entrata in porta o meno. In tal modo il problema è risolto. Ma nella maggior parte delle esperienze di vita, non esiste un dispositivo che indichi con certezza la verità. Ecco perché è comune imbattersi in diverse narrazioni dello stesso fenomeno. In un’epoca in cui l’informazione raggiunge le più alte vette a una velocità incredibile, finiamo per perderci senza sapere dove andare, come in un labirinto senza via d’uscita.
Alcuni studiosi hanno definito questo fenomeno contemporaneo come post-verità. La percezione di disputa narrativa è così intensa, la verità stessa diventa così distante e espressa in così tante versioni, che nient’altro conta. La percezione personale definisce a questo punto ciò che è vero o non lo è. E sappiamo però che tale percezione è in funzione di uno specifico stato di coscienza.
Questo fenomeno è noto e utilizzato da diversi gruppi, ai quali, coscienti della peculiarità di questo momento storico, non interessa il fatto in sé, ma la narrazione che intendono trasmettere dal loro punto di vista e, ancor di più, per i loro specifici intendimenti.
Si crea e si diffonde in questo modo una narrazione che alcuni ritengono sia quella che meglio identifica le persone, e così, una narrativa diviene una presunta verità e come tale viene accettata e difesa.
In altre parole, torniamo al nostro esempio del calcio. La storia della palla che ha oltrepassato la linea potrebbe assumere una diversa narrazione che genera identificazione, ad esempio con i tifosi della squadra avversaria. E quella narrazione non ha bisogno di essere coerente con la realtà, ha solo bisogno di generare identificazione, è un po’ come parlare di ciò che le persone vogliono sentire. Si potrebbe per esempio dire che la squadra avversaria abbia pagato l’installazione del dispositivo sulla palla che ha convalidato il gol che di fatto non esisteva… e forse che la partita avrebbe dovuto essere annullata e giocata di nuovo. Questo è tutto ciò che i fan vogliono sentire, che sia vero o no. Adottano questa narrazione, la accrescono per difenderla ed ecco che si profila all’orizzonte un altro elemento importante in questo fenomeno: l’appartenenza. Sentono ancora di più di appartenere al gruppo, di appartenere e di identificarsi con un gruppo che crede nella stessa narrazione.
Il cristallo e le sue facce, la verità e le sue versioni
In tal modo si può spiegare il riemergere di tante vecchie teorie senza fondamento, e di nuove versioni e nuovi sostenitori di una conoscenza rituale e ritenuta sacra. Questi individui sentono di appartenere a quel gruppo e, con questo, si innesca un ciclo infinito: le persone si uniscono sulla base dell’identificazione nella narrazione e, quindi, si separano progressivamente da chiunque altro la pensi in modo diverso. Si separano non solo l’uno dall’altro, ma si separano dalla verità stessa, in una spirale discendente di separazione così grande da isolarsi nella loro percezione.
Agli uomini la Verità si rivela secondo la loro capacità di comprendere e ricevere. L’unica verità ha molte facce: una persona ne vede un aspetto, un’ altra ne vede un altro, e alcuni vedono più di altri, secondo quanto gli è stato dato. Un tale fenomeno è evidente in un cristallo: quando viene attraversato dalla luce, ciascuna delle sue facce riflette un raggio di luce. Una persona vedrà una faccia e un’altra ne vedrà un’altra, anche se si tratta pur sempre dello stesso cristallo e della stessa, unica luce.
Per ogni uomo la Verità è quella che vede la sua mente, e in ogni tempo la Verità più alta è stata rivelata allo stesso modo: Sarà data più luce all’anima che riceve la Luce più alta. In ogni caso non condannate gli altri, per timore di essere voi stessi condannati … Mantenete fede nella Luce che avete finché non vi sarà data una Luce superiore. Cercate più luce e ne avrete in abbondanza, non riposatevi finché non la troverete.
Questo estratto dal libro Il Vangelo dei Dodici Santi, scritto e pubblicato dal Rev. Gideon Ouseley nel 1901, ci mostra che la via d’uscita da questo labirinto non consiste nell’aggrapparsi a un lato del cristallo o ad una narrazione personale, ma nel promuovere una spirale di conoscenza, in cui ogni verità rivelata è seguita dalla ricerca di un’altra, ancora più alta, verità. In una spirale che lascia la separazione alle spalle e si dirige verso il tutto, spinti da una ricerca costante di conoscere la verità, non come un dato di fatto, ma come percezione sempre più neutra, più olistica e sempre meno parziale. In questo modo, la nostra vecchia coscienza – che separa, classifica e giudica secondo la propria percezione – diventa una coscienza che vede e si unisce sempre più con il tutto.
Per quanto il cristallo abbia diverse facce, è un tutto in sé, quindi non dovremmo restare ancorati soltanto a un lato di esso, ma sforzarci di vederlo nella sua interezza. Non possiamo esigere dalle persone stati di coscienza che non hanno. Ciascuno dunque riceva la verità secondo il proprio stato di vita, secondo la propria comprensione, e non perseguitiamo chi la interpreta in altro modo. Ma combattiamo per far sì che tutti vedano sempre la totalità, perché il cambiamento è una funzione dell’agire con coscienza e non il risultato del voler semplicemente cambiare le narrazioni.