Wu Wei è un termine del Taoismo e compare per la prima volta nel Tao Te Ching. Wu Wei è generalmente tradotto come non fare. È uno stile di vita praticato anche nella pittura cinese. Lo stesso motivo viene dipinto più e più volte, ad esempio una montagna o un albero. Cosa potrebbe avere a che fare con il non fare? Non diventa noioso dipingere sempre lo stesso soggetto?
Non si tratta però del soggetto o del risultato della pittura, ma del processo. L’artista pratica un atteggiamento nei confronti della vita. Cerca di lavorare in armonia con il Tao. Secondo la tradizione cinese, il Tao è il principio originale attraverso cui tutto viene creato e mantenuto in vita. È un principio di ordine spirituale-divino elevato, che nella sua saggezza supera di gran lunga la comprensione umana.
Il pittore si orienta a questo principio superiore e si adegua ad esso. Non vuole più essere l’agente, il pittore, ma Tao dovrebbe essere in grado di lavorare attraverso di lui, attraverso la sua mano. Lui “fa” e tuttavia non fa. È attivo nella non azione. Si potrebbe anche chiamarlo un non intervento, un non intervento nelle leggi del Tao. Il pittore lascia che queste leggi agiscano attraverso di lui in modo intuitivo; cerca di unirsi al lavoro creativo del Tao, di riconoscerlo e riprodurlo nel soggetto del quadro. Attraverso il processo pittorico impara a distinguere fino a che punto desidera ancora realizzare la propria volontà o può lasciare che il Tao lavori in lui. Perché il Tao è in ogni cosa, senza Tao non c’è niente.
Per questo il saggio si attiene al non-fare; esercita l’insegnamento senza parole. Quando l’opera è compiuta, non si affeziona ad essa; proprio perché non vi si affeziona, essa non lo abbandona.
Lao Tzu