Dopo il tempo degli iconoclasmi che imperversavano in Europa in passato, ora è giunto il tempo dei veri e propri tsunami di immagini. Per decine di migliaia di chilometri un evento può essere trasmesso in pochi secondi e può così far esultare o piangere quasi contemporaneamente milioni di persone in tutto il mondo.
Diverse tecnologie come dispositivi di registrazione, onde radio, protocolli di trasmissione e dispositivi di visualizzazione lavorano insieme. Per milioni o addirittura miliardi di esseri umani, questi schermi piccoli o grandi sono una finestra su un mondo di avventura. L’efficacia aumenta quanto più velocemente le informazioni possono essere trasmesse e distribuite, più sono aggiornate e più simultaneamente vengono percepite.
Questo sviluppo non è ancora completo. Il progresso si sta sviluppando attraverso la ricerca della correlazione quantistica: i fotoni cambiano simultaneamente anche se sono molto lontani tra loro quando la polarizzazione o la direzione viene modificata ad uno solo dei fotoni correlati. In futuro questo probabilmente offrirà la possibilità di costruire oggetti tridimensionali e allo stesso tempo renderli visibili altrove. Ad un cambiamento in un fotone, altri correlati con esso reagiscono, anche se sono a milioni di anni luce di distanza. Sin dai tempi di Einstein, la velocità della luce è stata considerata il movimento fisico più veloce. Tuttavia questo dato perde molto del suo significato alla luce del fatto che l’azione dei fotoni ha luogo a una velocità almeno diecimila volte superiore.
Il globo è quindi circondato dalle reti dei mezzi di informazione e l’umanità è diventata un’area culturale con unicamente differenze regionali. Oggi, vista l’attuale marea di immagini e informazioni, il secondo comandamento del secondo libro di Mosè (Esodo 20, 4-6) vecchio di millenni sembra quasi perso.
Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.
La domanda sorge spontanea: perché non dovremmo farci immagini? Per dirlo chiaramente: invece di percepire direttamente l’essere divino, la Gnosi, e quindi raggiungere immediatamente un’incommensurabile ricchezza spirituale, aderiamo magicamente a migliaia di immagini.
Perché permettiamo a noi stessi di essere così miseramente ingannati? Come avviene l’inganno?
Qualcosa viene spesso trascurato: le tavole dei Dieci Comandamenti dicono “Non farti un’immagine”. Questo riguarda l’individuo e il suo sviluppo.
Diretti lontano da noi stessi
Le immagini o i video attirano la nostra attenzione e la dirigono lontano da noi e da quanto ci è prossimo. In questo contesto, ad esempio, è effettivamente irrilevante se siamo seduti in uno stadio o a 20.000 km di distanza davanti allo schermo e partecipiamo agli eventi. In entrambe i casi siamo, per così dire, “proprio al centro di tutto”. Come è possibile?
Possiamo vederla in questo modo: poniamo la nostra attenzione, il nostro focus, in uno “spazio di valori e informazioni” che ci attrae. viene a noi e opprime la nostra coscienza. Entriamo – in termini moderni – in una “bolla”. Può essere una bolla molto piccola o globale con contenuti di scienza, sport, religione o intrattenimento di ogni tipo. Queste bolle sono di materia “sottile”, sono spazi vibrazionali costruiti e plasmati collettivamente da tutti i soggetti coinvolti.
Possiamo vagare in questi “paesaggi” che creiamo con la nostra immaginazione, possiamo inventarci storie in essi e dar loro ulteriore forma. Fisicamente i paesaggi e le esperienze che facciamo lì non esistono. Eppure hanno un’influenza diretta sulla nostra realtà materiale o fisica. Quando le storie, immagini o film catturano la nostra attenzione, incanalano i nostri pensieri e le nostre associazioni in determinate direzioni. Siamo quindi in questa bolla. Se, ad esempio, un “personaggio in pixel” a 20.000 km di distanza non approva un gol segnato, le persone possono picchiarsi tra loro o estranei abbracciarsi gioiosamente.
Visto in questa luce, si può parlare di specchi magici, di qualcosa di magico che ti attrae e ti affascina. Il mezzo è un fattore e l’altro, più decisivo, sono le persone che si lasciano ammaliare, che sono “connesse”, al guinzaglio, “online”. Affinché i media sviluppino questo potere magico, deve esserci un terreno fertile, un bisogno, e questo c’è senza dubbio.
Nella lingua inglese c’è la frase “tutto accade nella mente”: “tutto accade nella nostra immaginazione”. La nostra mente è un’interfaccia di influenze diverse. Vi registriamo pensieri, sensazioni, sentimenti, sogni, sogni ad occhi aperti, meditazioni, storie, film, giochi e così via. Insieme formano immaginazioni o “immagini”. A volte non sei nemmeno sicuro di non aver sperimentato l’uno o l’altro o di non averlo sognato.
Storie, film, notizie e così via sono come “sogni in scatola” che, con un luccichio di perla, sono stati inseriti nei computer. Ora vengono trasmessi in streaming e, chissà, forse in futuro verranno trasmessi direttamente nella nostra immaginazione. Siamo portati velocemente da un’impressione all’altra, centinaia di storie, serie e così via popolano la nostra immaginazione – scatole di sogni in streaming riscaldati sempre di nuovo con le “microonde”.
Dove sono i nostri propri pensieri? Chi siamo?
I nostri pensieri ci appartengono ancora o siamo, in realtà, “pensati”? C’è un potere nascosto che tira i fili o siamo noi stessi i co-creatori di tutto questo?
Non è facile rispondere a questa domanda. Ma invece di inserire involontariamente la prossima “scatola”, potremmo fermarci un momento. In noi si trova un “gioiello di distinzione”. Potremmo usarlo in qualsiasi momento. Non richiede alcuno sforzo, ma solo la voglia di farlo. Attraverso il gioiello della distinzione, possiamo riconoscere se qualcosa viene gettato in noi e impiantato nella nostra coscienza, o se i nostri pensieri sono il risultato di un processo attivo su cui abbiamo deciso noi stessi.
Questo è il nostro potere. Se qualcosa che non vogliamo cerca di penetrare nella nostra coscienza, possiamo “cancellarlo”. Possiamo sviluppare un sensorium con il quale possiamo distinguere: cosa corrisponde ai nostri ideali, cosa appartiene ai prossimi passi sul nostro percorso di vita e cosa vuole sussurrare qualcosa nelle nostre teste per manipolarci.
Quali delle informazioni che riceviamo vogliamo integrare nella nostra coscienza e quali rigettare? Cosa gettiamo nel compost mentale di brandelli di attenzione inutili, tormentosi e indigesti? Sarebbe molto meglio se certe “informazioni” venissero respinte dalla nostra bolla, senza mai raggiungerci.
Come possiamo mantenere la nostra mente pura e limpida e tuttavia avere una vita gioiosa e creativa? Come possiamo evitare di “essere pensati”, evitare che la nostra “mente” sprofondi in identificazioni collettive correlate quantisticamente?
Cosa possiamo fare?
Possiamo lavorare in due direzioni. Da un lato, possiamo filtrare le influenze allineandole ai nostri ideali e necessità. Dall’altro, di tanto in tanto possiamo controllare i nostri ideali per vedere se hanno ancora senso. Già nell’antichità i filosofi dicevano: se una cosa non è né buona né bella, né utile né vera, non considerarla, non prestarci attenzione.
Siamo catturati dal flusso circolare di immagini spirituali, psicologiche e fisiche che attiviamo, sia che ci siano portate dall’esterno o prodotte nella nostra immaginazione, attraverso pensieri o sentimenti o guidate dalle abitudini del corpo. Affiliamo quindi la nostra coscienza per organizzare il flusso impetuoso di immagini e informazioni e filtriamole attraverso il setaccio del filosofo, il setaccio della bellezza, della verità, dell’utilità e della necessità.
In questo senso leggiamo le antiche parole.
Un uomo arrivò correndo da un filosofo e disse: “Ascolta vecchio, devo dirtelo!”
“Fermati!” il saggio lo interruppe. “Hai passato ai tre setacci quello che stai per dirmi?”
“Tre setacci?” chiese l’altro stupito.
“Sì, caro amico! Vediamo se quello che vuoi dirmi passa per i tre setacci: il primo è la verità. Hai controllato se tutto quello che vuoi dirmi è vero?”
“No, ho sentito qualcuno dirlo e…”
“Bene. Ma sicuramente hai controllato con il secondo setaccio. È il setaccio della gentilezza. Quello che stai cercando di dirmi, è gentile?
L’altro con riluttanza disse: “No, al contrario”.
“Hm …”, interruppe il saggio, “quindi applichiamo anche il terzo setaccio. Quello che stai per dirmi è almeno qualcosa di utile?”
“Utile? Beh, non proprio…”
“Allora”, disse il saggio con un sorriso, “se non è né vero né gentile né utile, lascia che sia seppellito e non appesantire te stesso e me con esso”.
Considerando tutte le impressioni che ci arrivano attraverso diversi media, è difficile per noi applicare questi tre setacci. Probabilmente non ci riusciremo subito. Ma almeno ci renderemo conto del motivo per cui a volte siamo confusi e rimaniamo incollati a immagini magiche.
(continua nella parte 2)