La natura della mente è come il mare e la mente soggetta al samsara è come le onde che si muovono sulla sua superficie. Il samsara esiste a livello della mente in movimento, che divide la realtà in samsara e nirvana. (Tenzin Wangyal Rinpoche, Meraviglie della mente naturale)
La tendenza a migliorare le proprie condizioni di vita è piuttosto comune nelle persone, e ci sono individui per i quali questa aspirazione non riguarda solo le questioni materiali. In effetti, c’è un certo desiderio piuttosto vago, ma allo stesso tempo molto nobile, di un’altra dimensione indefinita della realtà. Attualmente sembra esserci un numero relativamente elevato di persone di questo tipo e questo è generalmente associato all’influenza dell’era dell’Acquario.
Numerosi gruppi religiosi promettono da tempo vari tipi di appagamento di questo desiderio, ma solo dopo la morte, perché allora ci si può ritrovare in un mondo migliore, generalmente chiamato paradiso, eden o arcadia – a condizione, ovviamente, di aver vissuto secondo le regole stabilite. Alcune filosofie orientali affermano inoltre che se riusciamo a raggiungere tale stato, esso è comunque solo temporaneo, poiché siamo tutti soggetti alla reincarnazione, ossia a cicli che si ripetono costantemente, composti da nascita, vita, morte, un soggiorno più o meno lungo in sottili regioni intermedie (note, tra l’altro, come paradiso, inferno o purgatorio) e rinascita.
Per alcune persone la prospettiva di seguire un percorso religioso non è attraente e hanno un’intuizione interiore, quasi la certezza, che esista un’altra possibilità. Ad essa fanno riferimento, tra le altre, le cosiddette scuole spirituali gnostiche, le quali propongono vari modi per uscire dal ciclo della reincarnazione e raggiungere quest’altra dimensione della realtà, evitando – in un certo senso – lo stadio della morte. In cosa consistono questi modi?
In generale, si tratta di cercare di raggiungere un certo stato d’essere (soprattutto a livello mentale), caratterizzato da un significativo indebolimento della tendenza all’egocentrismo e dall’essere il più possibile indipendenti dalle influenze dell’ego sul proprio comportamento. Questo stato è chiamato anche mente pura e incondizionata (neutrale), ad esempio nelle tradizioni dello Zen, del Tao e dello Dzogchen. Ottenere questo stato permette di percepire in modo diverso le impressioni create sotto l’influenza della realtà esterna e interiore. Cambia anche il modo di pensare, da dualistico – basato sulla distinzione dei fenomeni esterni da quelli interni, dell’esistente dall’inesistente – a uno nuovo, che può essere descritto come polivalente e caratterizzato da una percezione un po’ diversa, più ampia e più oggettiva delle relazioni esistenti.
Per dirla in modo molto semplice – utilizzando la descrizione data da P. D. Ouspensky[1] e relativa ai metodi utilizzati da G. I. Gurdjieff – si potrebbe dire che, mantenendo stati di coscienza e di attenzione appropriati, non forzati e del tutto neutri, si verifica una sublimazione così grande delle impressioni ricevute che esse diventano cibo per la nostra essenza più vera (a volte chiamata nuova anima), facendola rinnovare e crescere. Questo approccio viene talvolta definito processo alchemico, in cui le impressioni legate alla natura ordinaria si trasformano in “oro”, cioè in un tipo di materia molto sottile e nobile con “vibrazioni” estremamente elevate. La descrizione del processo che lo accompagna – presentata nel libro di Ouspensky – utilizza una scala musicale di sette toni con due semitoni, a noi nota come scala maggiore.
Dopo un certo periodo di tempo di sublimazione delle impressioni, nelle persone aumenta la loro capacità di utilizzare i modi di pensare e di comprendere non dualistici (menzionati in precedenza). Questi modi potrebbero essere chiamati contestuali e situazionali. Sono caratterizzati dall’abilità di vedere gli eventi in modi multipli. Si potrebbe anche dire che si verifica una percezione o comprensione sintetica.
Nella Bibbia, le metafore, le allegorie e le parabole che descrivono eventi più o meno reali, si riferiscono a questo tipo di comprensione. Il loro obiettivo è quello di stimolare lo sviluppo del pensiero contestuale, e non di spiegare qualcosa o rispondere a domande nel senso tradizionale del termine. Un esempio di questo tipo di racconto è illustrato di seguito.
Questo tipo di pensiero è necessario per comprendere gli ulteriori stadi della trasformazione umana sul sentiero gnostico dello sviluppo spirituale ed è possibile solo con una mente purificata, il cui simbolo è uno spazio vuoto e trasparente (come nello Dzogchen, nello Zen e nel Taoismo), o un vaso o una brocca vuota.
Cerchiamo ora di spiegare cosa c’entra la decima con tutto questo! Il concetto di decima è solitamente derivato dalla Bibbia, dove è menzionato più volte. Tradizionalmente si ritiene che il primo a sottoporla sia stato Abramo. Il frammento che lo descrive è incluso nel Libro della Genesi (14:17-24) e ha la seguente forma:
Quando Abramo fu di ritorno, dopo la sconfitta di Chedorlaòmer e dei re che erano con lui, il re di Sòdoma gli uscì incontro nella valle di Save, cioè la valle del Re.
Intanto Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abramo con queste parole:
“Sia benedetto Abramo dal Dio altissimo,
creatore del cielo e della terra,
e benedetto sia il Dio altissimo,
che ti ha messo in mano i tuoi nemici”.Ed egli diede a lui la decima di tutto.
Il re di Sòdoma disse ad Abramo: “Dammi le persone; i beni prendili per te”.
Ma Abramo disse al re di Sòdoma: “Alzo la mano davanti al Signore, il Dio altissimo, creatore del cielo e della terra: né un filo né un legaccio di sandalo, niente io prenderò di ciò che è tuo; non potrai dire: io ho arricchito Abramo. Per me niente, se non quello che i servi hanno mangiato; quanto a ciò che spetta agli uomini che sono venuti con me, Aner, Escol e Mamre, essi stessi si prendano la loro parte”.
Ci si chiede naturalmente se il concetto di “decima” (una decima parte di qualcosa) utilizzato in questo testo abbia un significato particolare per noi e perché sia associato a 10 e non a qualche altro numero.
In primo luogo, notiamo che Dio Altissimo è un simbolo della massima aspirazione umana, e quindi il sacerdote Melchisedec – che serve questo Dio – rappresenta il modo di realizzare tale aspirazione da parte dell’aspetto umano chiamato Abramo. Ciò avviene attraverso una lotta con la realtà ordinaria, simboleggiata dalla battaglia con Chedorlaomer e i re.
Questo conflitto si conclude con la vittoria di Abramo, il che significa che il rapporto con la realtà è già in qualche modo sotto controllo e quindi fornisce profitti (bottino di guerra) sotto forma di varie impressioni e percezioni importanti. Questo è importante perché per realizzare l’aspirazione di cui sopra, il compito principale è quello di stimolare naturalmente in se stessi alcuni fenomeni interiori, a volte chiamati ricostruzione e crescita dell’anima. Ciò può essere fatto fornendo al cosiddetto corpo dell’anima un cibo adeguatamente nobile, creato dalle nostre esperienze e osservazioni raccolte (bottino di guerra) attraverso il processo alchemico precedentemente menzionato.
Questo processo alchemico può essere associato al significato simbolico del numero 10 e chiamato “decima parte”, cioè decima.
Per giustificare quest’ultima affermazione, concentriamoci innanzitutto sul ruolo che il numero 10 svolge nel sistema numerico decimale. Ricordiamo che questo sistema era già utilizzato nei Veda [2], i cui testi più antichi furono scritti oltre il 1000 a. C. A quell’epoca il simbolo dello zero, a noi così familiare, non era applicato (fu diffuso solo nel Medioevo), ma altri simboli svolgevano un ruolo simile. Anche le altre cifre avevano forme diverse da quelle moderne.
Si noti che in questo sistema il numero 10 simboleggia sia la fine del ciclo dei numeri da 1 a 9, sia l’inizio di un nuovo ciclo di numeri più grandi da 11 a 19, nonché l’inizio del ciclo delle decine: 10, 20, 30… Si tratta quindi, in un certo senso, dell’informazione di elevare il numero 1 a un livello superiore.
È facile notare che il significato di questo simbolismo non dipende dai caratteri utilizzati per indicare le cifre. Pertanto, nel seguito, per semplificare le nostre considerazioni, utilizzeremo i modi moderni di scrivere i numeri e di fare riferimento ad essi.
Sulla base di quanto scritto in precedenza, possiamo trattare il numero 10 come simbolo di un fenomeno che conclude un ciclo precedente e che si colloca qualitativamente a un livello superiore rispetto a quello simboleggiato dal numero 1 (ed eventualmente dalle cifre successive). Quindi, se assumiamo che il numero 1 significhi lo stato iniziale e naturale della vita umana, il numero 10 può essere associato a uno stato superiore, in qualche modo completato, dell’essere. È evidente che il ruolo del simbolo dello zero è molto significativo in questo caso.
Un significato simile allo zero si ritrova anche in altri passi della Bibbia. Ad esempio, nel concetto di Pentecoste associato al numero 50 (cfr. Atti degli Apostoli 2:1-4), dove il numero 5 (pentagramma) indica una nuova anima (spesso intesa anche come mente superiore e astratta), e lo zero aggiunto dopo di esso simboleggia la pienezza di quest’anima e allo stesso tempo l’innalzamento del suo stato a un livello che consente il contatto diretto con lo Spirito (tale contatto è talvolta rappresentato come le Nozze alchemiche[3]).
Possiamo anche citare il numero mille, che compare più volte nella Bibbia, ad esempio nelle espressioni “finché non furono compiuti i mille anni”, “vissero e regnarono con Cristo per mille anni”, “nessun altro dei morti tornò in vita finché non furono compiuti i mille anni” e “regneranno con Lui mille anni” (vedi Apocalisse 20:2-6). In questo caso, il numero 1000 può essere considerato come simbolo dell’elevazione dello stato ordinario dell’essere (rappresentato dal numero 1) a un livello molto più alto, contrassegnato da tre zeri, che può essere associato, ad esempio, al completamento della capacità di assorbire ed elaborare le esperienze della propria vita (il cosiddetto karma) sui piani di tre stati di esistenza: del corpo ordinario (comprese le sfere eterica, astrale e mentale), dell’anima che cerca lo Spirito e dell’anima rinnovata già unita (sposata alchemicamente) allo Spirito. Può anche essere messo in relazione con i tre stadi distinti dai Catari: gli uditori, i credenti e i perfetti.
Torniamo ora al concetto di decima. Il processo descritto dal numero 1 – cioè la vita ordinaria – si completa con l’emergere della capacità umana di accettare pienamente le impressioni così come arrivano, senza giudicarle facendo riferimento a pregiudizi precedentemente acquisiti. Ciò è possibile mantenendo un atteggiamento naturalmente neutrale nei confronti di tutte le percezioni – la cosiddetta mente vuota (incondizionata), simboleggiata dalla cifra 0 che compare dopo l’1 (nel numero 10). Poi, la comprensione pienamente consapevole dell’essenza di queste impressioni le trasforma alchemicamente nella materia sottilissima di cui sopra, percepita solo in modo estremamente vago dalle nostre facoltà emotive e mentali ordinarie, come fenomeni molto fugaci – generalmente considerati come una sorta di illusione associata a premonizioni di qualcosa di insolito. A volte notiamo queste impressioni molto effimere, sottili e indefinite quando entriamo in contatto, ad esempio, con opere d’arte insolite.
La decima può anche essere identificata moltiplicando per 10 il valore (in senso spirituale) di ciò che si percepisce interiormente ed esteriormente, come se si decuplicasse il “livello vibrazionale” di queste impressioni. Naturalmente, questo non significa ricorrere a nessun tipo di esaltazione, ma solo piena concentrazione, attenzione e consapevolezza di ciò che si sta facendo e/o di ciò che sta accadendo, nonché delle proprie reazioni ad esso.
Le condizioni che facilitano tale attività sono create nelle già citate scuole spirituali gnostiche, che forniscono un contatto con l’energia chiamata Gnosi, che sostiene e rende possibile l’intero processo. Anche alcune tecniche di meditazione e di contemplazione servono a questo scopo.
Torniamo per un momento al frammento della Bibbia citato in precedenza. Vi compare la figura del re di Sodoma, che – secondo le connotazioni accettate associate a Sodoma – può essere considerata un simbolo della tendenza che spesso osserviamo in noi stessi a identificarci fortemente con il nostro ruolo nel mondo ordinario. Egli è interessato soprattutto alle persone, cioè alle relazioni sociali, perché gli forniscono il senso della propria vita. Ma Abramo dichiara di voler offrire al re di Sodoma tutto il bottino che gli spetta, perché trattenendo anche solo una parte di esso potrebbe creare legami non necessari con aspetti della realtà ordinaria. Questa parte dell’acquisizione (cioè il bottino di guerra) consiste in tutte le impressioni, comprese quelle più belle e sublimi, che per qualche motivo non possono essere sublimate adeguatamente. Dovreste separarvene, senza rimpianti, rinunciando a competere con gli altri per le cose che non sono necessarie nella vostra vita, tranne solo ciò che hanno mangiato i giovani (la nostra natura ordinaria di base) e la parte degli uomini che sono venuti con me: Aner, Eshcol e Mamre (la parte dell’essere umano che agisce consapevolmente nel mondo e che quindi deve essere in qualche misura interessata ad esso).
Infatti, nel caso di questa parte più alta e aspirante di noi (chiamata Abramo), non solo i rapporti con le persone, ma anche tutti gli altri legami con la realtà ordinaria devono essere lasciati alle spalle, oppure sublimati e svolgersi come a un livello superiore, senza alcun interesse personale (anche se molto nobile). È un modo di ricevere le percezioni attraverso la mente, che non ha pregiudizi e non è condizionata dalle aspettative (è non concettuale), per quanto è possibile in una determinata situazione.
Ma che dire di tutti gli altri dettagli del passo biblico citato? Dobbiamo analizzarli tutti in dettaglio per raggiungere l’essenza del messaggio? In linea di principio non è necessario e molti di questi dettagli e le loro interpretazioni possono essere omessi, perché servono a soddisfare la fame di conoscenza della mente concettuale e aiutano a nasconderle (nel contesto della situazione) informazioni più profonde e significative, secondo l’assioma che afferma che non si offre alla mente ordinaria ciò che è sacro [4].
_________________________________
[1] Si veda: P. D. Ouspensky, Alla ricerca del miracoloso: Frammenti di un insegnamento sconosciuto, cap. IX
[2] La parola véda deriva dal Sanscrito e significa conoscenza e saggezza.
[3] Jan van Rijckenborgh, Le Nozze Alchemiche di Cristiano Rosacroce, v. 1 e 2, Edizioni Rosacroce, 2021
[4] Jan van Rijckenborgh, La Luce del Mondo, cap. VI, Edizioni Lectorium Rosicrucianum, 2011.