Secondo la Divina Commedia, Dante e Virgilio scendono prima sulla schiena di Lucifero e poi si arrampicano sul suo fianco per uscire dall’inferno. In questo modo attraversano il centro della Terra e invertono il loro percorso, così che, da quel momento, invece di scendere iniziano a salire.
Il nuovo processo di purificazione-trasmutazione che essi iniziano corrisponde al Purgatorio. Il poeta esclama con giubilo che, dopo essersi lasciato alle spalle un mare così crudele (l’Inferno), ora salperà per navigare in acque migliori.
e canterò di quel secondo regno
dove l’umano spirito si purga
e di salire al ciel diventa degno.(Purgatorio, Canto I)
Tuttavia, prima di giungere alla porta dei Purgatorio, Dante e Virgilio devono percorrere un tratto intermedio: l’”Antipurgatorio”, dove entrano in contatto con i negligenti, coloro che, per un motivo o per l’altro, morirono senza sfruttare le opportunità spirituali offerte loro, e coloro che vissero nel peccato ma si pentirono prima di morire.
In questa fase, Dante si allontana sempre più dall’influenza del mondo materiale, e diventa consapevole della sua coscienza spirituale.
A Dante e a Virgilio appare un “traghettatore celeste”, è un angelo che trasporta un gruppo di anime su una spiaggia. Le anime chiedono ai due viaggiatori di indicare loro la strada per la montagna (la via per le vette dello Spirito), un’indicazione che i viaggiatori non sono in grado di fornire.
Tuttavia, all’inizio del terzo canto del Purgatorio, Dante e Virgilio sono ai piedi di un monte le cui ripide rocce sembrano loro inaccessibili.
Dante allora esclama: “Maestro mio, quale strada seguiremo?” al che Virgilio risponde: “Non fare nessun passo indietro; continua a seguirmi finché non troviamo una guida esperta”.
Un consiglio molto appropriato, perché quando il candidato decide fermamente di mettersi in cammino verso la montagna dello Spirito, non può permettersi di cadere preda di alcun tipo di scoraggiamento. C’è davvero una sola opzione, l’unica possibilità è continuare il cammino con determinazione, poiché dobbiamo tenere presente che il Purgatorio rappresenta la seconda fase della purificazione dell’anima.
All’inizio del canto IX, Dante registra una visione che ebbe in sogno: un’aquila con piume d’oro sospesa nel cielo, all’improvviso precipita come un fulmine, lo rapisce e lo porta nella sfera di fuoco (il Sole), dove entrambi sembrano in fiamme.
in sogno mi parea veder sospesa
un’aguglia nel ciel con penne d’oro,
con l’ali aperte e a calare intesa;Poi mi parea che, poi rotata un poco,
terribil come folgor discendesse,
e me rapisse suso infino al foco.Ivi parea che ella e io ardesse;
e sì lo ‘ncendio imaginato cosse,
che convenne che ‘l sonno si rompesse.
(Purgatorio, Canto IX)
Abbiamo qui una chiara indicazione relativa al tocco dello Spirito Santo.
Il Purgatorio descritto da Dante nella Divina Commedia è costituito da un monte con sette terrazze, ciascuna delle quali relativa ad uno dei peccati capitali. Prima di varcare la porta del Purgatorio, l’angelo sulla soglia incide sulla fronte di coloro che vi accedono tante lettere “P” quanti sono i peccati capitali commessi.
Sette P ne la fronte mi descrisse
col punton de la spada, e “Fa che lavi,
quando se’ dentro, queste piaghe”, disse.(Purgatorio, Canto IX)
Nella misura in cui ogni peccato è espiato, una “P” viene cancellata dalla sua fronte, e il candidato sale su una terrazza più alta per espiare un altro peccato.
La prima terrazza è quella dei superbi. Sono costretti a camminare portando pesanti pietre sulla schiena. La seconda è assegnata agli invidiosi. Gli adirati sono puniti nella terza terrazza. Nella quarta, i pigri devono correre continuamente per espiare il loro peccato. La quinta terrazza è dove vengono puniti gli avidi. I golosi sono destinati alla sesta terrazza dove non c’è alcun cibo o bevanda, ad eccezione di una cascata di acqua ghiacciata. La settima terrazza è quella dei lussuriosi, dove sono consumati in un muro di fuoco finché non vengono purificati dal loro peccato.
Dante è così costretto a percorrere i sette gironi a gradini del Purgatorio, dove incontra una serie di personaggi che rappresentano i sette peccati capitali, dai quali le loro anime devono essere purificate.
Sulla sommità della montagna si trova il Giardino dell’Eden, dove le anime vivono in uno stato di innocenza e si preparano spiritualmente ad ascendere al Paradiso.
Quando Dante diventa degno di entrare in Paradiso, incontra Beatrice (l’”Altro”, l’Anima-Spirito).
In questo modo il candidato può accedere alla terza fase (la Rubedo), una fase del processo alchemico solitamente denominata “le nozze alchemiche dell’anima e dello Spirito”, il cui obiettivo è formare il “Rebis”, l’essere maschio-femmina, l’unità mistica primordiale edenica o platonica. Tale unione mistica, o matrimonio alchemico, rappresentato nella Divina Commedia dall’incontro di Dante e Beatrice nell’Eden, è la prova che il candidato ha superato tutti gli ostacoli che lo separavano dal suo Dio interiore.
Così, dopo essere finalmente diventato degno, Beatrice dice a Dante:
Apri li occhi e riguarda qual son io;
tu hai vedute cose, che possente
se’ fatto a sostener lo riso mio.(Paradiso, Canto XXIII)
Tali parole esprimono molto più di una semplice metafora dell’amore, perché solo chi è riuscito a completare il lungo cammino verso l’Anima Spirito, può “aprire gli occhi” e sostenere “il sorriso” dello Spirito, che vuol dire essere in grado di vedere faccia a faccia l’essere interiore, di sopportare la visione del Fuoco dello Spirito e comprendere le verità universali e metafisiche che trascendono il nostro mondo.