Per quanto riguarda la prima versione, la Storia del Graal scritta da Chrétien de Troyes, si tratta di un piccolo racconto medievale incompiuto a cui le migliori traduzioni non riescono a togliere l’aspetto antiquato che si svela alla prima lettura.
Nel corso degli studi universitari, il racconto del Graal di Chrétien de Troyes è passato dal palcoscenico dell’intrattenimento mondano a quello di un romanzo educativo (si immagina fosse destinato al Delfino – Signore del Delfinato – a quel tempo sotto la tutela di Filippo di Fiandra) e poi al palcoscenico di un romanzo di iniziazione. Ma perché un racconto, anche un racconto di iniziazione, dovrebbe essere così attraente al punto da aver dato origine a una tale abbondanza di adattamenti e continuazioni nelle forme più diverse per 800 anni?
Semplicemente perché non è in gioco l’iniziazione dell’eroe, Perceval, ma l’iniziazione del lettore stesso. Non è un racconto iniziatico, ma un manuale di iniziazione per chiunque aspiri a un certo percorso di trasformazione interiore. Questo percorso iniziatico è universale ed è stato adattato da diversi maestri spirituali nel corso della storia dell’umanità. Se non guardiamo troppo da vicino la realtà storica, possiamo trovare le “fonti” del Graal in una gamma molto ampia di tradizioni iniziatiche.
I modelli o motivi alla base del racconto del Graal – cioè, la realtà spirituale, il processo descritto – sono universali. Quando leggiamo il racconto del Graal, abbiamo quindi esattamente la stessa esperienza che ebbe Carl Gustav Jung 1 quando si rese conto che immagini alchemiche, le quali descrivevano gli stessi processi, si trovavano in civiltà separate nel tempo e nello spazio e senza alcuna trasmissione possibile tra queste culture 2
Non c’è quindi bisogno di cercare una fonte del racconto del Graal che provenga dall’antichità più remota. D’altra parte, può aiutarci nella nostra interpretazione mettere in parallelo storie della stessa famiglia, come suggerito nel 1920 dalla medievalista Jessie L. Weston 3.
I romanzi di Chrétien de Troyes
È necessario capire che, nonostante le apparenze, Chrétien non è un continuatore dei romanzi della tavola rotonda. Non è né inglese né normanno e non fa parte della propaganda politica per Enrico II.
Per cominciare, si discosta radicalmente dallo stile francese di questi racconti. Chrétien può essere annoverato tra i protagonisti di un nuovo stile letterario: il romanzo di corte (l’unico altro documento di questo tipo all’epoca è il Tristano di Béroul, contemporaneo di Chrétien e forse anche successivo a un Tristano di Chrétien). Qui, il grande affresco epico è relegato in secondo piano. Come per Ovidio 4 – delle cui opere alcune sono state adattate da Chrétien – il racconto si occupa principalmente della psicologia dei personaggi, delle conseguenze delle loro azioni e delle complesse relazioni tra esseri umani coinvolti in un fascio di tensioni: desideri, morale, doveri e onore.
D’altra parte, sebbene la corte di Artù sia lo scenario per le avventure raccontate da Chrétien, egli abbandona del tutto la trama arturiana. Il re stesso è un personaggio che diventerà sempre più secondario con il progredire dei racconti. È scomparso il re guerriero che cavalca alla testa dei suoi uomini. Chrétien si allontana gradualmente dai modelli esistenti e crea un nuovo sfondo per le sue storie al fine di servire il proprio simbolismo: Artù, ancora attivo e vendicativo nei primi racconti (combatte e impicca i traditori a Cligès) diventa infine il re malinconico del racconto del Graal.
L’azione si sposta gradualmente dall’Inghilterra alla Francia, poi perde ogni connessione con la geografia reale per entrare 5 , non in un “altro mondo celtico” ma in un paesaggio poetico o più precisamente in un paesaggio interiore: un paesaggio dell’anima.
È chiaro che Chrétien non è qui per scrivere romanzi cavallereschi, cerca qualcos’altro. Così, da “Erec et Énides”, il primo romanzo giunto fino a noi, ritroviamo tutti gli elementi di un mito gnostico: la scoperta dell’anima, il rinnovamento della struttura psichica (la nuova veste), la morte dell’ego, ecc. Le tecniche e gli elementi chiave verranno riutilizzati in tutti i racconti: il prologo dal doppio significato, il cavaliere rosso, la principessa più bella del mondo, l’incontro con Galvano, il simbolismo della veste, per menzionare solo i più ricorrenti.
Con Cligès, il suo secondo romanzo, ci troviamo di fronte al mito della rinascita, con l’evidente parallelismo tra le prove subite da Phénice e la leggenda della Fenice. In “Yvain”, Chrétien inizia a esplorare i processi individuali interiori, le trasformazioni nella psiche del candidato ai misteri. Quanto a Lancillotto, è quasi una bozza della Storia del Graal6.
Chrétien cerca la forma espressiva perfetta che gli permetta di trasmettere la sua conoscenza, come ci racconta nel prologo di Erec con la parabola dei talenti, e la trova quando scrive “il racconto del Graal”. Lo sa e lo proclama dal primo verso: “Chrétien inizia un nuovo romanzo, lo semina in un posto così buono che raccoglierà il centuplo”.
Un testo che parla d’altro
Il racconto del Graal di Chrétien de Troyes fa quindi parte di una rottura con la vulgata arturiana. E dobbiamo tenere presenti le differenze fondamentali che questo manuale di iniziazione presenta in relazione ai recuperi successivi, scritti da autori con finalità diverse, anche totalmente opposte a quella di Chrétien de Troyes: il Graal non contiene il sangue di Cristo, ma un’ostia. La lancia sanguinante non è quella che ha trafitto il costato del Signore. La processione del Graal non è quindi legata alla passione, ma all’Ultima Cena. Non assistiamo passivamente al sacrificio della divinità che offre il suo sangue per redimere i nostri peccati, siamo invitati a una costruzione: utilizzare le forze che ci vengono offerte. Ciò è particolarmente evidente nella descrizione di Wolfram von Eschenbach della processione del Graal, dove la processione è mescolata a una sfilata di fanciulle che preparano il tavolo del banchetto.
Un altro punto fondamentale: Galvano non è il simbolo della cavalleria terrena, un riflesso distorto di Perceval che si impantana nella materialità e fallisce ad ogni trappola. Al contrario, Galvano è il cavaliere perfetto 7.
il cavaliere bianco, il cavaliere solare che incarna tutti i valori della cavalleria spirituale:
– Moderazione;
– Rispetto per gli altri e cortesia, anche verso i nemici;
– Non violenza – o almeno, nel contesto del romanzo cavalleresco, l’uso della violenza come ultima risorsa; 8.
– Rifiuto della menzogna;
– Integrità, trasparenza: Galvano è colui che “non nasconde mai il suo nome a chi glielo chiede”;
– Empatia, amore del prossimo (caritas) elogiato da Chrétien nel suo prologo;
– E, caratteristica unica in tutte le storie d’amore della Tavola Rotonda, la capacità di guarigione.
La transizione, così poco compresa, tra Perceval e Galvano nel racconto del Graal, già presente ne “Il Cavaliere della Carretta” è la chiave del romanzo del Graal. È impossibile utilizzare questo manuale di iniziazione se non si afferra questa chiave.
Come nei culti dei Misteri e nei miti Gnostici (la famiglia a cui appartiene il racconto del Graal), Galvano rappresenta la statura spirituale che portiamo dentro di noi, che preesiste alla nostra personalità, ma che non può manifestarsi finché non realizziamo una trasformazione minima del nostro essere. È esattamente lo stesso del mito cristiano: Giovanni e Gesù nascono insieme, ma Gesù può veramente svolgere il suo ministero solo quando Giovanni ha preparato la via, battezzato Gesù e poi si è ritirato. Allo stesso modo, la storia del Graal ci presenta un processo quadruplice.
In primo luogo, il processo guidato da Perceval: la scoperta della filiazione spirituale, la purificazione e una certa forma di ricostruzione o riarmonizzazione della personalità, un processo di individuazione. Perceval troverà letteralmente il suo vero essere, il suo nome, e allo stesso tempo riceverà – come missione – la visione del piano completo di sviluppo spirituale. Perceval e Galvano si incontrano e si riconoscono.
In secondo luogo, le prime avventure di Galvano, ridotte a un processo interiore, riguardano una rielaborazione della sfera dell’inconscio. La lettura di questo brano è spiacevole perché ci rimanda a tutte le esperienze che preferiamo dimenticare, reprimere, le piccole situazioni vergognose della nostra vita (Galvano preso per un mercante astuto, per un cavaliere codardo, Galvano al servizio di un bambino, Galvano sorpreso tra le braccia di una donna insultata per colpa sua…). Siamo qui posti in una spirale più alta di purificazione della sfera inconscia, ma anche di acquisizione di nuovi poteri dell’anima: nuova volontà, amore, saggezza.
In terzo luogo, la conquista e la purificazione della dimensione che potremmo chiamare coscienza cosmica (ma non spirituale) della personalità: Galvano trova la forza che lo guiderà attraverso l’iniziazione, una forza che i Rosacroce rappresenteranno quattrocento anni più tardi con la Vergine Alchimia, ed entra in un altro mondo, che ovviamente non è l’”altro mondo” celtico – il regno dei morti – ma la sfera della coscienza-energia dell’essere umano.
Quarto, poiché il processo sta per essere completato, il testo si interrompe. L’incontro tra la statura spirituale ricostruita e lo Spirito ci sposta nel completamente altro, che non può essere descritto.
Stiamo solo sfogliando deliberatamente il processo in cui ci conduce Chrétien de Troyes, perché ciò che conta soprattutto è che chi aspira profondamente a questa ricerca la viva davvero. E per questo è preferibile non basarsi su una costruzione puramente mentale. Se vogliamo entrare in una pratica, in qualcosa di concreto, dobbiamo quindi chiederci: come fare il primo passo, come iniziare questo processo descritto nel racconto del Graal? Dato che è un manuale di iniziazione, come lo usiamo?
Per capirlo, dobbiamo ricordare la fondamentale scoperta che fece Carl Gustav Jung quando lesse il trattato di alchimia taoista “Il Mistero del Fiore d’Oro”. Ci sono testi e immagini che hanno un legame con l’inconscio di tutta l’umanità 9,e non solo: queste immagini sviluppano una forza, sono attive sulla psiche. La Storia del Graal è un libro del genere, come osserva Marie-Louise von Frantz: “La relazione tra la leggenda del Graal e l’alchimia è così ricca e fertile che ci si chiede perché Jung non l’abbia inclusa nella sua ricerca psicologica sull’alchimia”. 10
Ma se la conoscenza delle immagini alchemiche ci aiuterà (è una conoscenza di prima mano), ciò che conta soprattutto è l’esperienza personale. Come opera Chrétien de Troyes? Per scoprirlo, niente potrebbe essere più semplice: basta guardarsi dentro e chiedersi: come mi sento quando leggo questo libro? Se chiudo gli occhi e immagino le scene della storia, cosa vedo?
Ponendoci queste domande, scopriamo che la forza del racconto del Graal è la creazione in noi, attraverso le immagini, di un sentimento interiore molto particolare. In realtà, non è un sentimento, ma il nostro vero sé che per un momento si risveglia e si rallegra. Questo è esattamente il fenomeno che Marcel Proust segue per tutto il suo lavoro 11. Per Proust, uno dei principali fattori scatenanti di questo “ricordo”, dell’accesso a questa dimensione di eternità in noi, è l’arte. E alla fine del XIX secolo, Wagner farà rivivere, attraverso l’arte, il mito del Graal permettendoci di riscoprire questo sentimento nel suo Parsifal. Chi vive questo sentimento può iniziare la vera ricerca spirituale, se ha il coraggio di farlo, cioè se adotta un nuovo comportamento di vita che gli permetta di portare sempre più nutrimento al suo essere spirituale.
E così, vediamo come Chrétien de Troyes ci sfida fin dalle prime righe del suo romanzo descrivendo il nostro stato interiore proprio nel momento in cui leggiamo:
Era la stagione in cui gli alberi fioriscono, le foreste si ricoprono di foglie, i prati diventano verdi; quando gli uccelli cantano dolcemente al mattino e tutte le creature sono piene di gioia. Il figlio della vedova, nel cuore della foresta selvaggia e desolata dove ha il suo dominio, si alza…
Chi è sfidato da questo libro? Chiunque sia il figlio della vedova, nella grande foresta selvaggia, nel momento in cui la natura fiorisce. Vale a dire, chiunque per il quale il mondo pieno di vita ed esperienze (la foresta selvaggia e desolata) è diventato un deserto (una terra desolata). Ma in questo deserto sa di essere il figlio di Iside, la signora vedova per eccellenza, e quindi di discendenza divina. Presto scopre che c’è un’alta vocazione per l’uomo: Perceval incontra i cavalieri, belli come angeli, che gli appaiono in una rivelazione non dissimile dalla visione dell’Apocalisse di Giovanni: luce, forte rumore, colori e poi finalmente la visione dell’uomo perfetto. “Questi sono angeli!” esclama Perceval, e come il veggente di Patmos si distende a terra in adorazione.
Cosa dovrebbe fare allora? Andare dove vengono creati i cavalieri, alla corte di Re Artù, alla fucina alchemica dove una comunità di anime di cercatori si è riunita per portare a termine questa ricerca.
1C.G. Jung, Psicologia e Alchimia, Bollati Boringhieri, 1992 4
2Da questo punto di vista, l’analisi più accurata è a mio avviso fornita da Jessie L. Weston (From Ritual To Romance, 1920) che conclude il suo inventario di storie simili al racconto del Graal come segue: “La nostra indagine ci ha gradualmente portato alla conclusione che gli elementi che costituiscono la leggenda del Graal – la trama della storia, i compiti che attendono l’eroe, i simboli e i loro significati – pur trovando la loro controparte in storie preistoriche, mostrano anche notevoli parallelismi con credenze e pratiche di paesi lontani come le isole britanniche, la Russia e l’Africa centrale”.
3Jessie L. Weston – op. Cit. : “Nell’evidenziare questi parallelismi, desidero chiarire perfettamente la mia posizione; non sostengo che possiamo trovare la fonte della leggenda del Graal nel Rig-Veda, o in qualsiasi altro monumento letterario dei primi Ariani, (…) Quando tutti i parallelismi con la leggenda del Graal fanno parte di un circolo ben definito di credenze e pratiche, attentamente studiate, e ognuna di esse fa parte dello stesso corpus di una tradizione ben studiata, penso quindi che questi parallelismi possano essere considerati come una base affidabile e che non è irragionevole pensare che questo corpus di tradizioni faccia parte della stessa famiglia e che debba quindi essere interpretato come tale.”
4In genere, nelle Metamorfosi, Ovidio risolve le avventure in poche righe per soffermarsi sui cambiamenti psicologici dei protagonisti.
5Vedi su questo argomento Joseph J. Duggan (The romances of Chretien de Troyes – Yale University Press 2001), il quale osserva, oltre all’inventario di luoghi immaginari come Lac, Galvoie o Dinasdaron che globalmente “Chretien chiaramente non conosce la geografia bretone. I suoi eroi viaggiano a cavallo dal Galles a Nantes senza preoccuparsi della distanza o del mare”.
6Chrétien affina la sua tecnica per passare dal romanzo di iniziazione al manuale di iniziazione, come Daniel Poirion ha sottolineato nella sua introduzione alle opere complete di Chrétien de Troyes (La Pléiade): “Nel dittico composto da Yvain e Lancillotto, si sviluppa quella che possiamo chiamare un’estetica del simbolo, facendo appello all’immagine per condensarne il significato. La lettura eroica si accompagna a una lettura ermeneutica che decifra la rete delle immagini. (…) Il testo poetico che tesse una rete di motivi pittorici sullo sfondo, come un “intertesto”, è lì per dirci qualcosa di diverso da ciò che ci sta dicendo.
7È davvero sorprendente vedere l’evoluzione del personaggio di Galvano nella tradizione dei “romanzi della tavola rotonda”. Ma ciò che è ancora più sorprendente è che la stragrande maggioranza dei commentatori e accademici che hanno scritto sull’argomento si sono radunati attorno alla personalità di Galvano dall’ultimo testo: “La Ricerca del Santo Graal” e così considerano Galvano l’archetipo della cavalleria terrestre e superficiale. In Chrétien de Troyes, tuttavia, Galvano è molto esplicitamente il cavaliere perfetto. Se c’è una cavalleria celeste, è Galvano che la incarna. A questo proposito, vale la pena notare che Galvano non è mai sconfitto in nessuno dei testi di Chrétien. Un eroe di eccezionale coraggio (come Cligès o Yvain) potrebbe alla fine trovarsi alla pari con lui. Galvano incarna la perfezione a tal punto che i primi continuatori del racconto del Graal lo rendono l’eroe delle avventure, colui che trova la preziosa coppa. Tuttavia, i successivi continuatori, benedettini e cistercensi, erano determinati a renderlo un personaggio sempre più volgare. Nel romanzo “La Ricerca del Santo Graal” non rimarrà nulla del Galvano di Chrétien, che finirà per essere ucciso involontariamente da Galaad, il nuovo cavaliere bianco.
8E sembra importante insistere su un punto specifico della ricerca del Graal di Chrétien de Troyes: ad eccezione del caso del cavaliere rubicondo, nessun combattimento finisce con la morte dell’avversario. Il vinto viene inviato alla corte di Re Artù (o al servizio del cavaliere, che è equivalente) dove, riconosciuto per il suo valore e entrando lui stesso al servizio di un cavalierato superiore, diventa in qualche modo vittorioso.
9 C.G. Jung, Il Segreto del Fiore d’Oro, Bollati Boringhieri, 2001
10Emma Jung, Marie Louise Von Frantz – La légende du Graal – Albin Michel 1988.
11 Marcel Proust – Alla ricerca del tempo perduto, vol. 7, Il tempo ritrovato, Mondadori 2018: “Un essere che appare solo quando può essere trovato nell’unico ambiente in cui può vivere, cioè fuori dal tempo (…) subito l’essenza permanente e solitamente nascosta delle cose viene liberata, e il nostro vero sé che, a volte per molto tempo, sembrava morto, ma non lo era del tutto, si risveglia, prende vita ricevendo il nutrimento celeste che gli viene portato. Un istante affrancato dal tempo si è ricreato in noi per sentire l’uomo libero dall’ordine del tempo. Ed è comprensibile che sia fiducioso nella sua gioia”.