Jung sosteneva che i simboli che appaiono nei sogni delle persone o nelle culture dei popoli indigeni non sono mai creati consapevolmente, ma sono un prodotto dell’inconscio, trasmesso attraverso la rivelazione o l’intuizione. Sosteneva che erano la concretizzazione di ciò che era indistinto o poco chiaro. Secondo Andrzej Niwiński, tuttavia, i simboli egizi avevano un carattere completamente diverso e furono creati consapevolmente da antichi sacerdoti.
Cinghiale nero
Cosa simboleggia il cinghiale nero, alla vista del quale Horus sviene? Il nero è il colore dell’ignoranza e dell’inconsapevolezza, di uno spazio privo di luce. Dove c’è luce c’è gioia, creatività, ordine, armonia, amore, fiducia e prosperità. Dove non c’è luce c’è paura, tristezza, apatia, caos, risentimento, critica e tutte le carenze.
Cinghiale o maiale è una parola che – come il nome di ogni animale – dovrebbe suonare neutra, ma essa ha una connotazione peggiorativa e riporta alla mente associazioni con i peggiori istinti che governano l’uomo: avidità, gola, ubriachezza, tradimento, egoismo, impulsività e sensualità animale. L’anatomia del cinghiale gli impedisce di guardare le stelle; il cinghiale, quindi, conosce solo la realtà materiale davanti ai suoi occhi. Non esiste niente di più alto per lui.
Horus – nella Scienza Universale simbolo dell’anima spirituale dell’uomo – guarda il cinghiale nero, si sente colpito da Set e perde coscienza. Non è questo un riferimento alla caduta della divinità nell’uomo? La coscienza divina, non appena si associa con la materia inconscia, ne viene sopraffatta, imprigionata, incatenata, ipnotizzata, privata di nobiltà e ragione. E questa coscienza confusa, caotica e piena di negatività caratterizza l’umanità moderna.
“O dèi, disgustiamoci del cinghiale nero, affinché Horus possa essere sano!”
Questa esortazione richiama alla mente un versetto di 1 Giovanni:
“Non amate il mondo né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui. Perché tutto ciò che è nel mondo – la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita – non viene dal Padre, ma dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza, ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno”. (1 Giovanni 2: 15-17)
“O dèi, disgustiamoci del cinghiale nero, affinché Horus possa essere sano!”
Questo appello riguarda le persone? Le persone sono dèi? In Giovanni 10:34 Gesù dice che la Legge “chiamava dèi, coloro ai quali giungeva la parola di Dio”. Al giorno d’oggi, ci sono molti messaggi di canalizzazione rivolti all’ego umano in cui alle persone viene detto che sono dèi.
E molti di noi, che non conoscono ancora molto bene la nostra natura, sono pieni di “orgoglio della vita” e ci credono. L’uomo è dio, sì… ma solo potenzialmente. Per ora, Horus in lui non è cosciente e attende la guarigione da Ra. Per il momento, il divino nell’uomo è addormentato, in uno stato di letargia.
L’uomo ha bisogno di accettare la parola di Dio che è venuta a lui per fargli riguadagnare il suo stato celeste. Deve passare attraverso un processo di trasformazione fondamentale, di crocifissione della sua ignoranza, cioè dissolvere tutta la propria incoscienza e avidità; un processo chiamato trasfigurazione nelle scienze gnostiche e Opus Magnum in alchimia.
“O dèi, disgustiamoci del cinghiale nero, affinché Horus possa essere sano!”
Quante volte le persone sono orgogliose della loro personalità e dei loro successi. Quante volte si identificano con essi così profondamente che guardano solo avanti, alle cose materiali, ai successi da raggiungere nella realtà fisica e non “alzano mai lo sguardo”. Vedono solo il “cinghiale nero” – una realtà fisica che offusca ogni altra cosa.
L’amore per il mondo e l’amore per Dio si escludono a vicenda?
Ne consegue che l’amore per il mondo e l’amore per Dio si escludono a vicenda. Sembra incredibile. Il mondo non è opera di Dio? Forse lo è.
Tuttavia, l’uomo non è stato creato solo dalle forze divine e il suo amore per il mondo non è puro e incondizionato. È un amore sensuale, avido e lussurioso, incline a ricevere e a trasformarsi in odio e disperazione ogni volta che non ottiene ciò che vuole. È solo quando superiamo i nostri sensi e la nostra incoscienza che saremo capaci di un amore vero, incondizionato, che vuole solo ciò che Dio vuole.
La realtà che ci circonda è un prodotto della nostra coscienza. Riflette la nostra confusione interna. Riflette la luce presente in noi, ma mostra anche, nei minimi dettagli, l’oscurità nascosta nell’inconscio.
“La concupiscenza degli occhi, la concupiscenza della carne e l’orgoglio di questa vita” sono profondamente radicati in noi. Nonostante il nostro amore per Dio e il nostro grande desiderio di liberazione, il nostro io naturale continua a rivendicare i suoi diritti! Vuole sopravvivere a tutti i costi e ruba per sé ogni momento della nostra disattenzione. Oppure dirigendo i nostri pensieri verso i successi futuri che possiamo ottenere per la sua gloria. Oppure, al contrario, abbassando le nostre vibrazioni nutrendoci di paura, insicurezza, ristagno, tristezza e rassegnazione.
Horus perde coscienza
Horus perde coscienza in noi costantemente. Perché scegliamo ancora di “guardare il cinghiale nero”. Decidiamo in ogni momento se scegliamo la realtà divina presente in noi, o se esterniamo i nostri desideri, cercando l’autorealizzazione nel mondo. Siamo ipnotizzati dal mondo della materia. Pensiamo che raggiungeremo la realizzazione sviluppando la nostra personalità, riempiendo le nostre tasche e perseguendo obiettivi ambiziosi. Fino a un certo punto tutto va bene, ma in questa realtà non c’è bene separato dal male e si finisce per trovarsi di fronte all’ombra delle proprie azioni. Quest’ombra viene dalla nostra coscienza impura, piena di intenzioni egoistiche. L’atmosfera che ci circonda è inquinata dal respiro del “cinghiale nero”, dal respiro delle tenebre e dall’inconsapevolezza del nostro io.
La realtà che creiamo per noi stessi e per gli altri non diventerà perfetta e libera dalla sofferenza finché tutto il nostro essere non avrà raggiunto la purezza cristallina, l’assoluta libertà dalla paura e da un atteggiamento egoico. Il compimento non viene dai fatti, ma dall’Essere. Dall’Essere che è in unione con Dio. E ciò che ostacola questo e l’atteggiamento di vita ossessionato da “io”, “me” e “mio”. Il nostro ego può essere orgoglioso o dubbioso di sé. In entrambi i casi è una creazione artificiale che ci separa dall’onnipotenza di Dio, la nostra vera essenza.
(Continua in Parte 2)