L’eternità nel cuore è la ricerca delle origini della creazione

L’eternità nel cuore è la ricerca delle origini della creazione

Riflessione sull’eternità, fonte dell’esistenza e struttura spirituale della realtà, in cui micro e macro formano un unico insieme frattale.

C’è in noi un certo desiderio di tornare a qualcosa che conosciamo molto bene, ma che non può essere nominato ed è difficile da definire con precisione. Questo sentimento nasce nel profondo di noi attraverso un silenzioso richiamo a trovare la giusta via della comprensione. Ma una via verso cosa esattamente?
Nel corso della vita siamo sempre alla ricerca di qualcosa. A volte si tratta di obiettivi molto concreti, altre volte di una ricerca di un ideale, dentro di noi o fuori di noi. C’è sempre una certa spinta e un desiderio di avere delle prove. Ma se mi chiedessi: potrebbe un tale indizio, una tale prova, essere qualcosa di completamente diverso da ciò che ho sempre pensato? Forse è una domanda lanciata al vento, senza alcuna possibilità di risposta. Eppure, siamo sicuri che le domande rimangano senza risposta?
La ricerca dura tutta la vita. È segnata dai limiti della natura umana, ed è proprio da quella natura che partiamo, perché ci è familiare e perché sono gli unici strumenti che possediamo all’inizio del nostro viaggio. Percorrendo il sentiero della conoscenza, ci addentriamo in un territorio completamente sconosciuto. Questo può essere scoraggiante e scomodo, perché superare i propri limiti è un compito arduo. Quando l’ego ci dice cosa fare e come farlo, ci sentiamo a nostro agio: ci indica direzioni specifiche e vediamo risultati tangibili. Ma cosa succede quando sorgono dei dubbi? L’io egocentrico ama ricevere una guida, perché può facilmente valutare le conseguenze delle sue azioni, mentre l’incertezza viene istintivamente rifiutata. Quindi, come procediamo nell’ignoto indefinito, che può sembrare una mera fantasia o illusione?
Quando nasce la certezza interiore, basata sulla “Verità”, tutte le speculazioni sul processo di conoscenza svaniscono. Tutto è permesso così com’è. A quel punto, l’esperienza del “qui e ora” inizia a un livello di esistenza completamente diverso e le strade cominciano a raddrizzarsi, nel senso letterale del termine.
Ci sono domande fondamentali: “Chi siamo? Da dove veniamo? E dove stiamo andando?” Per secoli, gli esseri umani se le sono poste alla ricerca del significato e dei fondamenti dell’esistenza. Non esiste una risposta univoca a queste domande, ed è proprio questo che le rende senza tempo e di vasta portata. Il loro significato diventa più ricco quando ne approfondiamo il messaggio nel contesto del tempo, dove contempliamo il senso stesso dell’esistenza. Nel cercare di comprendere la profondità di queste domande, possiamo percepire come la loro connessione rifletta il flusso attraverso il triplice aspetto della realtà nella sua durata eterna. Da dove proveniamo e dove potrebbe essere la fonte di questa esistenza duratura? Cosa sostiene veramente la vita e su quali principi opera?
Esiste un simbolo particolare, un archetipo primordiale condiviso da tutte le civiltà. È uno dei segni più completi tra tutti quelli conosciuti. Il concetto di infinito “∞” è apparso sin dagli albori dei tempi nelle culture antiche come espressione della comprensione dell’essenza della conoscenza. Oggi, attraverso l’esplorazione intellettuale, dimostrata dall’analisi matematica della struttura della realtà, la comprensione sembra ancora più accessibile, poiché gli strumenti sono diventati tangibili e affermano le espressioni spirituali di questo mistero. Man mano che approfondiamo la realtà, scopriamo che la sua struttura è più affascinante di quanto potessimo immaginare. Naturalmente, non c’è nulla di fisicamente tangibile in questo: è un tentativo di descrivere i fenomeni che sperimentiamo attraverso la nostra capacità di percezione astratta. Diventa reale nella misura in cui i calcoli matematici lo confermano.
Si considerino, ad esempio, costrutti come i buchi neri, le supernove o il principio di conservazione dell’energia nello spazio: tutti questi sono fondati sul sistema logico dei numeri. Siamo in grado di descrivere, calcolare e confermare l’esistenza di qualsiasi anomalia prima di sperimentarla.
La prova si trova anche nello studio della natura quantistica della realtà, che cambia la nostra prospettiva in relazione ai fenomeni osservabili. In questa visione, il mondo può apparire come un campo sperimentale di eventi mutevoli, non solo soggetti a sistemi numerici, ma simili a registrazioni codificate con fluttuazioni imprevedibili. La meccanica quantistica ci ricorda lo spazio multidimensionale dell’essere, così vicino al regno spirituale, dove l’elemento della conoscenza è sconosciuto eppure predeterminato e alla fine realizzato.
La realtà è quindi finita, dall’inizio dell’esistenza alla fine del tempo? La risposta può essere ambigua: sì e no. Le variabili che modellano lo spazio e il tempo consentono il verificarsi di anomalie, rendendo imprevedibile la disposizione della materia fin dal momento stesso della sua creazione. Qui viene in mente il concetto di “frattale”, originariamente un concetto matematico, ma che si riflette nella fisica, nella biologia, nella cosmologia e persino negli insegnamenti spirituali.
La natura delle cose appare come un modello ripetitivo di densità variabili, in cui le variabili indicano la direzione di crescita attraverso diversi livelli di materia. Vale la pena ricordare il principio ermetico “Come sopra, così sotto” dalla Tavola di Smeraldo di Ermete Trismegisto, in cui questo processo può essere visto come costante e immutabile, e la realtà stessa come una struttura autoriflettente. In natura, lo vediamo negli alberi e nelle foglie, nella struttura frattale delle loro ramificazioni. Lo stesso vale per il corpo umano: la rete dei vasi sanguigni, i polmoni e il sistema nervoso assomigliano tutti a modelli frattali. Guardando più in profondità nel regno della vita, si possono osservare complessità simili nelle nuvole, nelle montagne, nelle coste e nelle increspature dell’acqua, ognuna delle quali rivela contorni frattali. Questa ripetizione è evidente anche nella distribuzione della materia nel cosmo: su una scala diversa, la disposizione delle galassie riflette allo stesso modo un’essenza multistrato e ricorrente. Ciò potrebbe essere descritto come una matrice di riflessioni, visibilmente replicata in tutte le strutture materiali dell’esistenza. Questo modello simile a se stesso e ricorsivo è quindi un’espressione dell’architettura stessa della realtà. Dalla micro scala alla macro scala, ci troviamo di fronte a un disegno che si ripete.
In questo contesto, possiamo fare riferimento all’Albero della Vita cabalistico (Etz Chaim), che è di per sé un frattale della realtà spirituale. Esso è composto gerarchicamente da dieci Sefirot, ognuna delle quali contiene al suo interno un riflesso del tutto. Ciò significa che ogni parte dell’albero è un microcosmo: la parte rispecchia il tutto e il tutto può essere riprodotto ad ogni livello dell’esistenza. L’Albero è un’emanazione dell’energia divina, che collega il mondo del Dio infinito con il nostro mondo materiale inferiore.
Per comprendere questo concetto, vale la pena fare riferimento alle due Sefirot estreme, Keter e Malchut, che sono punti chiave nel simbolismo dell’Albero della Vita cabalistico. Esse rappresentano due aspetti opposti ma complementari della realtà. Segnano l’inizio e la fine del processo della volontà e della coscienza divine, che fluiscono dalla Sorgente nella creazione, dove possono essere realizzate e manifestate.
Keter, la Corona, è trascendente: contiene il mistero della creazione dal nulla, la luce suprema che simboleggia l’unità assoluta, che va oltre la comprensione umana. Contiene la scintilla primordiale, il potenziale della creazione, da cui si dispiega l’intero Albero della Vita.
Malchut, alla fine del percorso di emanazione, è l’unione dell’immanente e del trascendente. Qui, il “Volto Divino” diventa visibile, presente e accessibile nella dimensione fisica quotidiana della vita. È il punto d’incontro tra il divino e l’umano, lo spirituale e il materiale. Qui, ciò che è spirituale diventa realtà, e questo punto funge da ponte tra gli estremi di Malchut e Keter. È qui che la luce può riflettersi e tornare alla sua Fonte, completando in questo modo il ciclo della creazione. Qui vale la pena tornare al simbolo dell’infinito “∞” menzionato in precedenza come intuizione primordiale dell’essenza della comprensione.
Una persona che si trova di fronte alla manifestazione di queste forze, attraverso la comprensione, può diventare un tutt’uno con ogni elemento della volontà e dell’emanazione divina. Questo può essere scoperto attraverso lo sforzo condiviso di lavorare per la creazione dell’unità con tutte le cose, percorrendo i sentieri delle dieci Sefirot. Ciò offre la possibilità di essere parte del tutto, al di là dell’illusione della separazione.
Raggiungere anche solo una parziale consapevolezza di questa altra qualità porta alla comprensione di ciò che è veramente la creazione. Offre anche una risposta parziale alle domande chiave menzionate all’inizio: “Chi siamo? Da dove veniamo? E dove stiamo andando?” Le qualità della natura divina ci permettono di comprendere il significato e lo scopo dell’esistenza. Il “cammino” che percorriamo nella vita quotidiana assume allora un significato completamente nuovo e più pieno.
Una comprensione più profonda e il tentativo di guardare dentro di sé, di ascoltare la voce interiore che all’inizio sembrava appena udibile, ma che col tempo porta alla realizzazione di domande e risposte dentro di noi, apre un aspetto purificatore della vita, attinto da forze completamente diverse. Questo è il percorso di riconciliazione con ciò che è imperituro, eterno e al di là di ogni misura. È l’inizio di un nuovo essere umano, che è in questo mondo, ma non proviene da esso.

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Informazioni sull'articolo

Data: Novembre 11, 2025
Autore / Autrice : Mateusz Dryjer (Poland)
Photo: Thomas Crozier on Unsplash CC0

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