Cosa significa imparare? È opinione comune considerare con questo termine l’accumulo di una qualsivoglia conoscenza poiché questa è la funzione che svolgono gli apparati istituzionali dedicati all’istruzione. Le scuole, le università e le accademie sono nate per questo scopo e ognuno di noi è letteralmente educato a riconoscere loro questo ruolo. L’insegnamento che diffondono è costituito da una serie di dati di natura più o meno tecnica, dall’esecuzione di un metodo e dall’esercizio pratico di una qualche forma di comportamento. Il più delle volte l’acquisizione di questa conoscenza è finalizzata a uno scopo ben preciso, generalmente nella forma di maggior prestigio, potere, denaro o nuove opportunità di carriera.
Vorremmo però in questa sede presentare un punto di vista contrario a questa concezione e mostrare come il processo dell’apprendimento è in realtà un processo di sviluppo di possibilità e veri e propri organi o strutture di natura spirituale, siano esse da intendere in senso umano, biologico o in senso naturale, planetario o ambientale. La bontà di questo processo è insita nella sua mancanza di intenzionalità. L’arte di imparare si rivela quando la mente si apre al movimento del potere creatore divino, che è per sua natura onnicomprensivo e incondizionato.
Una relazione bilaterale con l’ambiente che ci circonda
Se osserviamo i bambini e vediamo come vivono quotidianamente, possiamo constatare che ciò che fanno è instaurare un contatto gioioso con l’ambiente che li circonda e comunicare con esso in molteplici modi. Ricevono segnali dall’esterno e rispondono a questi segnali ridendo, urlando, costruendo strutture con ciò che hanno a portata di mano, arrampicandosi o sdraiandosi per terra. Tutti questi comportamenti sono parte di un rapporto di comunicazione bilaterale con l’ambiente, con l’elemento in cui si trovano. Ma questi comportamenti, questi atti che possiamo percepire e osservare, sono solo una parte di un processo olistico il cui vero scopo è quello di permettere alle loro menti, per mezzo delle dinamiche fisiche, dei movimenti del corpo, di comunicare con quelli che potremmo chiamare gli “aspetti mentali” dell’ambiente circostante.
L’ambiente circostante ha infatti un suo ordine intrinseco, che si mostra e si esplica nelle molteplici forme della natura e nelle sue leggi, ma è altresì vero che la natura dei bambini è parte di questo ordine. Dunque è altrettanto esatto dire che è l’ambiente a formare il futuro adulto. La mente del bambino si costruisce tramite l’interazione con questo ordine. Questo processo di formazione è ciò che si dovrebbe intendere come “imparare”. Il bambino agisce in perfetta armonia con questo processo senza la minima intenzione personale di farlo, senza limiti di natura esterna, limitato solamente da quella che è la struttura famigliare costituita dai suoi genitori. L’accumulo di sapere è del tutto secondario in questa fase. Fa certamente parte del processo di apprendimento, ma il bambino non dedica a questo accumulo la benché minima attenzione. Il miraggio di una ricompensa o una qualche idea di tipo punitivo per quanto riguarda un presunto obiettivo finale non lo influenzano minimamente nella sua esperienza. Ciò che avviene in realtà è il continuo sviluppo in senso olistico di strutture sottili, spirituali, nel sistema testa-cuore del bambino. La manifestazione di un ordine naturale nella sua mente che si sviluppa per mezzo di una comunicazione continua con il campo di “ciò che è”.
L’evoluzione come processo d’apprendimento
Quindi, in base a quanto detto finora, come possiamo collegare il processo dell’imparare al mondo naturale? Si può dire innanzitutto che bisognerebbe intendere l’intera evoluzione umana come un processo di apprendimento. Tale apprendimento, per come procede nel mondo naturale, non è altro se non il continuo perfezionamento di strutture spirituali che sono alla base di ogni fenomeno fisico. Tali strutture si esprimono e si manifestano nel mondo minerale, in quello vegetale e in quello animale in forme sempre più complesse e variegate. A maggior ragione dovremmo considerare l’intero nostro pianeta come un corpo che cerca di rispondere nella maniera più armonica possibile alle vibrazioni e al movimento onnicomprensivo della volontà creatrice divina.
Le istituzioni scolastiche
Ma cosa significa invece “imparare” per le istituzioni scolastiche? La maggior parte degli studenti delle varie scuole e università non seguono le loro lezioni spinti da una profonda e libera curiosità, né da un’esigenza interiore di esplorare. Studiano piuttosto perché hanno un obiettivo da perseguire, perché è quello che gli è stato trasmesso dai genitori e dalla società. Pertanto, ciò che è veramente alla base di questo processo di apprendimento è la proiezione nel presente del supposto risultato futuro, e ciò non ha niente a che fare con il movimento, la dinamica di crescita spirituale di cui abbiamo parlato poc’anzi. L’impulso all’accumulo di una tale conoscenza è quindi trasferito nella mente dall’esterno e tutti gli stati d’animo che ne derivano, che siano essi il desiderio o la paura, prendono il posto di quello che sarebbe dovuto essere un processo spontaneo, un susseguirsi di domande e risposte che dovrebbe avvenire in maniera impersonale, senza parole. Lo stesso si può dire per chi accumula sapere per un qualche presunto fine spirituale, avendo in mente la proiezione di quello che è il fine ultimo della vita, spesso chiamato “illuminazione”. Spesso le persone si impongono addirittura di imparare i concetti cardine di un certa conoscenza a memoria, letteralmente parola per parola, metodo che ha per fine di consumare una certa quantità di informazioni selezionate dall’esterno per creare in chi li apprende certi modelli mentali o emozionali e indurre il soggetto a seguirli per il resto della sua vita. Una serie di “faresti meglio a”, se non addirittura “devi” accompagnano costantemente questo tipo di percorso e indicano chiaramente che lo stato fondamentale dell’allievo di una tale dottrina è uno stato di inerzia che converte lo stimolo all’attività in una forma di sforzo o sofferenza, e infine di passività e controllo. Ciò a sua volta indica che la persona in oggetto non ha mai prestato la giusta attenzione allo svilupparsi in lui di questo tipo di inerzia, né ha notato e compreso come essa si dispieghi e quali siano le sue conseguenze.
Dobbiamo pertanto constatare come questo processo di vero apprendimento, il libero dispiegarsi di strutture spirituali, risulta in effetti quasi del tutto scomparso nella maggioranza degli adulti. In essi si trovano invece enormi costrutti mentali, strutture che vengono caricate del maggior numero di informazioni possibili per il solo fine dell’autoaffermazione e della sopravvivenza. Purtroppo questo è a ben vedere un processo distruttivo, perché la mancanza di vero apprendimento è stagnazione, e la stagnazione in senso spirituale è morte.
Lo sconosciuto
Uno degli aspetti fondamentali relativo allo sviluppo di nuove strutture spirituali, al vero processo di imparare, è quello della novità, nonostante un’apparente ripetitività di tutto ciò che quest’atto comporta a livello esteriore. Questa novità non è veicolata da ciò che si è già appreso e conosciuto, ma è una delle qualità della vita stessa che per sua natura non è mai appesantita da ciò che è già accaduto, da ciò che si è già vissuto. A tal proposito possiamo osservare come la mente conosce in pratica due forme di azione. La prima forma, quella che scaturisce dall’esperienza, utilizza strumenti quali l’analisi, l’interpretazione, la comparazione, l’identificazione, la speculazione, la valutazione e quando ciò non bastasse ricorre anche all’ausilio dell’immaginazione e della proiezione.
La seconda attività avviene nella misura in cui ci si apre a tutto ciò che è sconosciuto. Questa attività viene chiamata non-azione, o “agire tramite il non-fare”. Esempi di una simile attività sono l’interrogarsi sulle verità fondamentali, il porre domande, lo stare in silenzio, il dedicarsi a una ricerca spirituale, il cercare di osservare e percepire la realtà di “ciò che è”. A proposito di questa seconda attività va anche detto che non può essere stimolata o allenata, anzi è tanto più genuina quanto più è involontaria. Si sviluppa spontaneamente dall’interiore, come è possibile vedere in particolar modo nei bambini. L’azione che scaturisce dal conosciuto invece deriva esclusivamente dal passato. Il passato non ha invece la benché minima presa sull’azione spontanea che nasce da ciò che è del tutto nuovo. Ecco perché, qualunque sia il nostro passato, possiamo non esserne minimamente ostacolati nella misura in cui apriamo il nostro cuore e la nostra mente a ciò che è veramente sconosciuto. Nella sua accezione ultima, possiamo intendere l’arte di imparare come l’arte di aprirsi al movimento della creazione divina. In questo processo introspettivo, inteso come processo di conoscenza interiore che deriva dal tocco dell’armonia del tutto, si sviluppano nuove dinamiche all’interno del nostro sistema testa-cuore. L’essenza vitale di questa introspezione è pertanto silenziosa, inesprimibile a parole.
La rappresentazione dell’informazione contenuta in ciò che abbiamo imparato non è pertanto altro che un’ombra effimera e transitoria, ma si può trasformare in breve tempo in un pesante fardello se non ce ne liberiamo prontamente. Lasciarsi distrarre dalle parole vuol dire voler restare alla superficie e lasciarsi illudere dalle apparenze.
Volendo invece osservare ciò che accade durante il dispiegarsi delle nuove strutture spirituali all’interno del sistema testa-cuore, dovremmo dire che è un processo che porta ciò che è eterno a vivere in ciò che è temporaneo. Non dobbiamo però intendere tale sviluppo su una base individuale, come una o più facoltà o ‘poteri’ che si sviluppano in un certo individuo in conseguenza di una sua intenzione o proiezione, ma emergono dall’ordine della totalità alla totalità, attraverso l’essere umano.
Il movimento di conoscenza interiore, che non si origina dall’esperienza e non avviene in forma di parole, è pura azione. Annulla immediatamente quanto è disarmonico e permette all’armonia della creazione divina di manifestarsi in forme sempre più gloriose. In questo modo il non-fare genera il vero agire, quell’agire che non appartiene all’individuo ed è perfettamente privo di intento.
Pertanto, l’arte di imparare non si può perseguire sulla base del proprio volere, della propria volontà di ottenere un risultato, ma si rivela nella misura in cui riusciamo ad allontanare da noi ogni moto della nostra volontà limitata ed egocentrica. Per perseguire questa sublime arte, l’arte di imparare, dobbiamo stabilire un contatto con il Tutto, e alla base del Tutto vi è l’amore.
Per concludere vogliamo tornare alla domanda: cosa dobbiamo intendere con “imparare”? Come può esserci una qualche comprensione se non c’è nessuno che ci insegna? Per rispondere non possiamo che affermare che ciò che non ha confini ha il suo ordine e la sua armonia. L’essere umano che entra in contatto con questo Tutto senza confini, finalmente evolve e con lui evolve l’umanità intera.