Chi è la mia anima?
Che rapporto ho con la mia anima? La conosco? Senza conoscerla, posso davvero conoscere me stessa? Mi conosco?
Ho più ricchezza interiore di quello che pensavo quando stavo cercando di comprendere il mio essere come un corpo animato da pensiero e psiche? Ho scoperto che c’è più ricchezza interiore di quello che pensavo.
D’altronde, sì, il mio corpo è animato, animato da un’anima, ma lei chi è?
È più profonda, più vivificante di quanto immaginassi. Cercando di conoscere me stessa esplorando i percorsi del mio passato, della mia eredità, del mio inconscio, della mia psiche, ho girato intorno al suo mistero. Ma ci sono molti strati, come una cipolla sbucciata. Posso raggiungere il suo cuore? Troverò lì il germe della prossima pianta o quello della mia profonda realtà?
E anche il mio corpo, il corpo così ben “tracciato” oggi grazie ad accorgimenti recenti, il mio corpo che non sempre è in grado di rigenerarsi pienamente, lo conosco bene? Conosco la sua interiorità, il funzionamento che avviene minuto dopo minuto dentro di me, per permettere la mia vita? E la mia vita, cosa ne so?
Queste domande mi fanno percepire che questo curioso modo di sentire e pensare degli esseri umani nasconde dati essenziali su se stessi. Sì, il mio pensiero abituale, poiché si articola con i miei sentimenti, non mi informa abbastanza oggettivamente su me stessa e sulla realtà, e ancor meno sulla mia vita. Voglio superare questo limite e trovare un approccio di me stessa più coerente con la realtà. Posso percepirmi in modo diverso?
Quest’anima in me si svela molto diversa da quello che immaginavo. Ha diverse dimensioni. Una è l’aspetto intangibile dei fenomeni corporei che sono la mia vita. Sì, anima il mio corpo. È la mia vita biologica nel suo movimento, nella sua fluidità, nella sua energia sottile, nella sua animazione incarnata (in carne = nella carne).
È anche la mia vita, per la sua qualità, il suo modo di essere; è mia, la mia qualità d’essere, la mia singolarità. I miei punti di forza e di debolezza, la mia unicità.
È interessata alla realtà, alle sensazioni; anima la mia interfaccia corporea con il mondo, con i miei coetanei. Si libra verso la realtà superiore, verso cieli immensi di cui i miei sensi non mi parlano. Quindi è tensione, impotenza, assenza. Inciampa contro le pareti del mio corpo, della mia reattività, sui limiti del mio pensiero che non riesce a coglierne la vera essenza. Più serena, mi offre altri percorsi, altri modi di percepire, di essere.
Emozioni, affetti e preoccupazioni che nutrono o sono nutriti dai miei pensieri la rendono più pesante. Ma può elevarsi verso una realtà più sgargiante. Quando la sua “propria” luce individuale è irrigata da una luce più potente, più universale, da una vita più grandiosa, cambia la sua natura.
Sperimento, noto che, nutrita e connessa ad una dimensione spirituale, acquista caratteristiche più universali. E questo si riverbera sulla mia vita. L’anima è un organo; ha la qualità di chi la porta, e questo organo ha una vocazione più essenziale.
Scopro che quelle domande avevano un obiettivo: spingermi verso il divenire cosciente della mia anima.
L’anima ha il suo divenire, al centro della mia vita. Nata come anima biologica, tende ad essere un’anima cosciente e vivente. E tutti gli ideali che mi piacevano traggono significato da questa aspirazione assoluta: libertà, autonomia, perfezione, potere, connessione con gli altri, bellezza, condivisione, collaborazione ideale e amore…
Questa necessità non può essere data per scontata nel corso della vita. È più ardente per alcuni che per altri, è così distante dai bisogni di sopravvivenza del corpo. Una specificità dell’essere umano che aspira a ciò che non può essere. Più la coscienza si addentra nella scoperta di questi bisogni, più ciò che ci separa da essi diventa percepibile.
E mi rendo conto che questo è un percorso spirituale e che non c’è nulla di mistico, oscuro o facile. L’Anima Vivente è una realtà, alla portata dell’anima, ma non alla portata del corpo. Eppure, so sempre più chiaramente che è nella vita, nel presente del mio corpo, che tutto si svolge. Questa connessione a una forza superiore che creo nel cuore della mia vita, del mio essere, è il legame tra la mia anima e la sua realtà. È un prerequisito per andare oltre. E il mio corpo resiste.
Il mio modo di apprezzare, disapprovare, accogliere o respingere, e quindi rafforzare il mio legame con i miei aspetti più reattivi, il mio modo di confermare a me stessa la realtà dell’ego, è in contraddizione con una possibilità dell’anima. Questo paradosso, non l’avevo visto arrivare. Diventa cruciale, irrisolvibile, conflitto, rinegoziazione interiore di ciò che è accettabile e comodo. Negazione e scoperta, delusione e tutti i modi di essere intrecciati nel filo del racconto di una vita e dei suoi episodi.
Con questi incroci tra l’anima, la personalità e l’ego, imparo il luogo e il ruolo di ciascuno di essi. Attraverso questi movimenti, selezioni e articolazioni, sorge un altro elemento: l’anima non è sola. In sostanza, è qualcos’altro di più dell’individualità.
E tutte queste domande, comprese quelle della solitudine, del senso di abbandono, della ricerca di amore, si incarnano in una realtà unificata: per l’anima nulla è separato. Il suo filo conduttore è un altro modo di vivere. Adesso sa come palesarsi a me. E questa realtà dell’essere non mi appartiene. Per accettare l’assenza di limiti, dobbiamo rinunciare all’ego.