La saggezza di Ermete Trismegisto II – La via dell’illuminazione

L'obiettivo finale degli insegnamenti ermetici è la “rigenerazione”, rigenerazione che fornisce la coscienza dell'unità con tutta la creazione o, in altre parole, l’illuminazione o il risveglio di una coscienza universale.

La saggezza di Ermete Trismegisto II – La via dell’illuminazione

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In Ermete-Mercurio troviamo un chiaro sincretismo in cui possiamo distinguere tre aspetti rilevanti:

– lo scriba divino egiziano, Thot-Hermes;

– il mediatore e messaggero degli dei, il greco-romano Ermete-Mercurio (capace di conciliare gli opposti: l’uno e il    molteplice, fede e conoscenza, razionalismo materialistico e immaginazione creativa);

– e il mitico iniziatore, Ermete Trismegisto (Il tre volte grande) egiziano-ellenico-arabo.

Ermete Trismegisto contempla nella sua triplice natura sia le tradizioni della conoscenza occulta egizia legate alla parola e alla scrittura (l’egiziano Ermete-Thot era considerato l’inventore della parola e della scrittura), sia le tradizioni ermetiche magico-alchemiche simboleggiate da Ermete-Mercurio (il messaggero e mediatore dell’uomo con gli dei, lo “psicopompo” o guida delle anime), nonché il modello dell’iniziato o adepto.

L’obiettivo finale degli insegnamenti ermetici è la “rigenerazione”, rigenerazione che fornisce la coscienza dell’unità con tutta la creazione o, in altre parole, l’illuminazione o il risveglio di una coscienza universale. Così, il primo libro del Corpus Hermeticum inizia con una visione, con l’apparizione di Pimandro che si identifica con il Noûs, l’Intelligenza Suprema, e che chiede al candidato preparato: Cosa desideri vedere e udire, cosa vuoi imparare e conoscere nel profondo del tuo cuore? (Libro I, 3) 

La conoscenza rivelata da Pimandro deve essere appresa e conosciuta dal “pensiero”. Tuttavia, va notato che non è una conoscenza intellettuale, ma scaturisce dallo sviluppo del potere superiore del pensiero (il Manas superiore).

Il Noûs, o Tat, proviene dall’Essere stesso di Dio. […] Perciò il Noûs non si può distinguere dall’Essere di Dio, proviene da questa sorgente come la luce proviene dal sole. Negli uomini questo Noûs è buono; perciò alcuni uomini sono degli dei: il loro stato umano è molto vicino allo stato divino. Il Buon Demone, infatti, ha definito gli dei come “uomini immortali” e gli uomini come “dei mortali (Libro XIII, 1-3). 

Ora, l’intelligenza (il nuovo corpo mentale o ‘Manas’ superiore) non è qualcosa che viene dato all’essere umano dalla nascita, ma deve essere conquistato. Dio ha dunque donato la ragione, o Tat, a tutti gli uomini, ma non lo Spirito. Non per gelosia, perché la gelosia non proviene dall’alto: essa nasce quaggiù, nelle anime di coloro che non possiedono lo Spirito. (Libro VII, 4)

E quando il candidato (Tat) chiede perché Dio non ha distribuito l’intelligenza a tutti gli uomini, Ermete risponde: Egli ha voluto, figlio mio, che il legame con lo Spirito fosse realizzato da tutte le anime come premio per la corsa. (Libro VII, 6)

Lo sviluppo del nuovo corpo mentale, del nuovo pensiero è, infatti, una nascita. Pertanto, quando il candidato davanti a Ermete Trismegisto si rende conto di non sapere da quale matrice nasce l’uomo (immortale), e da quale seme, il maestro risponde che l’uomo nasce dalla Volontà di Dio, e che Il rinato sarà diverso: sarà un Dio, un figlio di Dio, tutto in tutto e dotato di ogni potere (Libro XIV, 8).
Quando il candidato riconosce che gli si sta parlando per enigmi, Ermete risponde: Che dirti, figlio mio? Soltanto questo: quando percepii in me stesso una visione indefinita, originata dalla misericordia di Dio, uscii da me stesso per fondermi in un corpo immortale. Dunque, ora non sono più quello che fui un giorno, ora sono concepito nell’Anima-Spirito. Una tale cosa non si può insegnare, né si può percepire con l’elemento materiale con cui si vede qui (Libro XIV, 12).

Ogni ricerca spirituale viene svolta all’interno dell’essere umano, poiché non c’è altro che Dio:

Infatti, Tu sei tutto ciò che io posso essere. Tu sei tutto ciò che io posso fare. Tu sei tutto ciò che io posso dire. Tu sei tutto, nulla esiste al di fuori di Te (Libro VIII, 33).

Il candidato che può esprimere tali parole ha spostato la sua attenzione verso il suo essere interiore, ha smesso di identificarsi con il corpo materiale, e quindi può conoscere Dio, perché è possibile conoscere Dio solo identificandosi con Lui. Solo il simile conosce il simile.

Il candidato deve cambiare mentalità, in modo che “l’occhio del cuore” possa volgersi verso il centro, verso l’uno, lasciando da parte la “tomba” del mondo illusorio, poiché il male più grande, secondo Trismegisto, è l’ignoranza (non conoscere Dio). Pertanto, si consiglia di cercare la mano che guiderà “alle porte della conoscenza” e di strappare “il velo dell’ignoranza”.

L’obiettivo degli insegnamenti ermetici è preparare il candidato a ricevere il Noûs (lo Spirito o la parte più elevata e più divina dell’Anima). Questo può essere fatto solo se il candidato può immergersi nel “Cratere”, cioè in un campo di forza divino concentrato. Coloro che possono assimilare tali forze divine e con queste trasformano la loro personalità materiale, possiedono la Gnosi, diventano “gli iniziati dell’Intelligenza, gli uomini perfetti”. Essi raggiungono l’immortalità, mentre coloro che non seguono questo sviluppo “possiedono ragione, ma non intelligenza, e ignorano perché e per quale scopo sono nati”.

E così Ermete esclama:

O Tat, il manifestarsi dell’Anima-Spirito, il prendere forma delle cose divine e la contemplazione di Dio sono i doni del cratere.

TAT: Anch’io voglio esservi immerso, o Padre.

ERMETE: Se prima non provi odio per il tuo corpo, figlio mio, non potrai amare il tuo vero Io. Però, se ami il tuo vero Io, possederai l’Anima-Spirito; dopo aver ottenuto l’Anima-Spirito, parteciperai anche alla sua conoscenza vivente.

TAT: Che cosa intendi, Padre?

ERMETE: è impossibile, figlio mio, abbracciare sia le cose materiali sia quelle divine, poiché vi sono due stati di esistenza, ovvero il corporeo e l’incorporeo, il mortale e il divino. Devi fare una scelta ben ponderata tra i due, poiché non si può aderire a entrambi. (Libro VII, 14-18)

L’idea di fondo è che l’essere umano non è il suo corpo, ma piuttosto che il corpo è la “prigione” del principio immortale. Il Noûs (o principio spirituale) deve smettere di identificarsi con il corpo (sôma) per tornare alla sua dimora originale (o diventare “dio”). Così, quando il candidato esclama: O Noûs, tu mi hai istruito su tutte le cose proprio come desideravo! Ma ora insegnami in che modo si sviluppa il cammino verso l’alto (Libro I, 61), Pimandro risponde che deve abbandonare tutti i legami che lo legano alla forza di coesione delle “sfere” (i piani astrali). A tal fine, il candidato deve purificarsi e liberarsi dai sette vizi che legano la sua anima, in modo che possa attraversare i sette cieli planetari che formano il mondo inferiore (Hebdomad), legati ai vizi, e raggiungere l’ottava dimora (la regione Ogdoadica) e, da lì, entrare in Dio (Libro I, 62-65).

L’ermetismo sostiene che la mente ordinaria non può vedere e nemmeno immaginare Dio, poiché Dio non può essere concettualizzato dalla mente discorsiva. La visione del divino (Illuminazione) può essere raggiunta solo attraverso la mente superiore, pura e intuitiva (Noûs), ma “per questo è necessario che uno dei suoi raggi illumini il tuo pensiero”.

Ciò che i testi ermetici insegnano, in sostanza, è che la vera saggezza non viene dall’esterno, ma si trova all’interno dell’essere umano stesso, poiché il pensiero umano (il Manas superiore unito all’intuizione) è l’immagine di Dio (solo il pensiero vede l’invisibile) e in esso si trova tutta la Conoscenza.

 

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Informazioni sull'articolo

Data: Gennaio 26, 2021
Autore / Autrice : Jesús Zatón (Spain)
Photo: web-CCO

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