La dottrina della Coscienza Universale del sesto Patriarca Hui-neng

L’insegnamento della coscienza universale contenuto nei "Sutra del Sesto Patriarca" è attribuito a Hui-neng, il sesto patriarca dopo Bhodidharma, che portò il Buddhismo dall'India alla Cina e fondò la Scuola del Risveglio Improvviso.

La dottrina della Coscienza Universale del sesto Patriarca Hui-neng

Il discepolo Huang Po riassunse l’insegnamento del suo maestro Hui-neng in questi termini:

Tanto il Buddha quanto ogni entità senziente provengono dall’unica Mente (la coscienza universale o la non-mente), e non esiste alcuna altra cosa. Questa Mente non ha inizio, non è mai nata, non invecchierà e non morirà mai; non è né blu né gialla; non ha forma; non appartiene alle categorie dell’essere e del non-essere […]; trascende ogni misura, nome, caratteristica distintiva o proprietà antitetica […]. Ferma i tuoi pensieri, dimentica le tue bramosie, e il Buddha si rivelerà proprio davanti ai tuoi occhi. [1]

Gli insegnamenti di Hui-neng contenuti in questo sutra iniziano con la sua autobiografia, tramite la quale ci sono trasmessi i suoi insegnamenti in forma simbolica..[2] Egli si presenta come un semplice boscaiolo senza educazione che un giorno, mentre si recava in un mercato, sentì un monaco recitare il Sutra del Diamante, uno dei testi fondamentali della tradizione Mahayana e del Buddismo Zen. Il Sutra del Diamante deve il suo nome al fatto di descrivere un insegnamento che è “affilato come un diamante, passa attraverso ogni pensiero dualista e taglia ogni legame con beni e idee materiali, per portare l’uomo sulle rive dell’illuminazione”. Mentre lo ascoltava, Hui-neng riconobbe l’essenza di quel sapere e nacque in lui il desiderio di approfondirlo. Chiese dunque al monaco dove avrebbe dovuto recarsi per apprendere tale insegnamento, e il monaco lo condusse a conoscere il quinto Patriarca, Hui-jen. Fu così che Hui-neng entrò nel suo monastero.

Un barbaro del sud diventa un Buddha

Appena giunto al monastero il patriarca gli domandò da dove veniva e cosa stava cercando. Hui-neng rispose che era un boscaiolo del sud e che era lì per diventare un Buddha. Hui-jen gli chiese dunque: “Dal momento che sei un rozzo illetterato del sud, come pensi di poter diventare un Buddha?” Huj-neng rispose: “Sebbene vi siano uomini settentrionali e meridionali, nord e sud non sono distinti per la natura del Buddha. Fisicamente, un barbaro è diverso da un re, ma essi non sono affatto diversi rispetto alla natura del Buddha”.

Questa risposta sorprese il patriarca e i suoi discepoli perché dimostrò loro che Hui-neng possedeva una profonda saggezza pur non avendo mai studiato la letteratura Buddhista. Tuttavia, Hung-jen lo liquidò con queste parole: “Questo barbaro è troppo impudente e deve imparare a tacere” e lo mise a lavorare alle cucine. Hui-neng lavorò lì per otto mesi senza mai incontrare il patriarca.

In quel periodo il patriarca riunì i suoi discepoli e gli chiese di tradurre in versi ciò che avevano appreso dell’insegnamento. Tra i discepoli si trovava Shen-hsiu, uno studente di Buddhismo, il quale sperava che il suo destino fosse quello di diventare il successivo patriarca. Egli scrisse dunque su di un muro del monastero questi versi:

Il nostro corpo è simile all’albero Bodhi (l’albero della saggezza) e la nostra mente a uno specchio lucido. Pazientemente lo puliamo di ora in ora e non lasciamo che vi si depositi alcun granello di polvere.

Quando il patriarca vide questi versi comprese che Shen-hsiu non aveva fatto l’esperienza della coscienza universale e non era passato attraverso le “porte dell’illuminazione”. Lo chiamò dunque a sé e gli spiegò: “Coloro che ottengono la suprema illuminazione riconoscono la propria natura ed essenza spirituale. Essa non può essere né creata né distrutta”. Gli suggerì dunque di ritirarsi in isolamento a riflettere su quanto gli aveva appena detto, ma Shen-hsiu lasciò il monastero e fondò la sua scuola, la “Scuola della Via Progressiva”, successivamente chiamata la Scuola Settentrionale.

Non c’è alcun albero Bodhi

Hui-neng venne a sapere di questo fatto e notò i versi scritti sul muro, ma poiché non sapeva né leggere né scrivere chiese ad uno dei monaci di leggerglieli. Anche lui non riconobbe alcun segno di illuminazione o di coscienza universale in quelle parole. Ma la stessa coscienza universale era viva in lui, e quindi chiese al monaco che gli aveva letto i versi di Shen-hsiu di scrivere in calce ad essi le seguenti parole:

Non c’è alcun albero Bodhi, nè cornice di lucidi specchi. Poiché tutto è vuoto, dove potrebbe la polvere posarsi?

I monaci e gli studenti del monastero erano stupiti dalla profondità e dalla saggezza di tale verso, ma il patriarca li cancellò dal muro senza dire nulla. In segreto però, andò ad incontrare Hui-neng e gli disse che avrebbe fatto di lui il suo successore: il sesto patriarca. Tuttavia, dal momento che non poteva eleggere a suo successore uno sguattero delle cucine senza provocare tumulti e ribellioni all’interno di tutto il monastero, gli disse che avrebbe dovuto lasciare il monastero e ritirarsi in solitudine per alcuni anni. Gli affidò dunque il compito di meditare su queste parole:

Colui che non conosce la propria Mente (la coscienza universale) non trarrà alcun beneficio nel Buddhismo. D’altro canto, se conosce la propria Mente e comprende intuitivamente la propria natura, è un eroe, un maestro per gli dei e per gli uomini, un Buddha.

 

Hui-neng non sapeva né leggere né scrivere, e non aveva studiato la letteratura Buddhista, ma riconosceva intuitivamente l’essenza dell’insegnamento del Buddha e il Buddhismo; era pertanto entrato nella coscienza universale. Comprendeva che l’essenza dell’illuminazione è nel “vedere senza vedere” e nel “sentire senza sentire”. La differenza tra queste due visioni – quella del percorso graduale e quella del risveglio improvviso – diedero origine a un dibattito che sarebbe durato a lungo tra gli studiosi del Buddhismo.

Il punto del vuoto

Quando giunse il suo momento, Hui-neng si insediò nel monastero e incominciò a diffondere l’insegnamento della coscienza universale. Spiegò che tanto le buone che le cattive azioni portano a conformarsi alla materia; entrambe non sono altro che le due facce della stessa medaglia e passare da una all’altra non porta ad ottenere la coscienza universale ma soltanto a una nuova nascita in questa natura. Il suo insegnamento pertanto non contiene alcuna istruzione, alcun esercizio né atti rituali. Tramite i dialoghi circa l’impossibilità di giungere alla coscienza universale con l’intelletto ordinario (la mente) o tramite buone o cattive azioni, portava i suoi allievi al punto della perfetta vacuità, un momento di sospensione della mente, l’esperienza di un immediato riscontro di una verità che non può essere trasmessa con le parole. “… l’essenza spirituale è la sostanza che vedi davanti a te – comincia a giudicarla e cadrai in errore”. Troviamo in questa descrizione un evidente parallelismo con le parole di Gesù Cristo: “Il mio Regno non è di questo mondo” e con quanto dice Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi, capitolo 15: “La carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio”.

Trascendere il mondo degli opposti, il mondo fenomenico, è possibile solo se si è in grado di accedere direttamente alla coscienza universale.

Praticare infiniti esercizi […] porta a progredire di grado in grado, ma l’eterno Buddha non è fatto a scalini. Risvegliati nella coscienza universale e comprendi che non vi è nulla […] da ottenere. Questo è il vero Buddha. Il Buddha e tutto ciò che vive sono coscienza universale e nient’altro.

Hui-neng si mise dunque in piena contrapposizione rispetto a quanto sosteneva Shen-hsiu e alla sua concezione dello specchio da pulire continuamente. Mise in guardia i suoi allievi che volevano comprendere il gran segreto dicendo loro: “Bandite ogni tipo di attaccamento spirituale. L’uomo ordinario cerca fuori di sé, ma chi percorre il cammino guarda all’interiore”. O, secondo le parole del Vangelo di Luca, capitolo 17: “Il Regno di Dio è in voi”.

L’azione spontanea

Il vero risveglio consiste nel dimenticare (o nel superare) il concetto di esterno e di interno, entrando quindi direttamente nell’esperienza della coscienza universale. Hui-neng spiega che l’uomo ordinario teme soprattutto di perdere la propria mente, ignorando che il vuoto non è realmente vuoto, ma che è invece proprio lì che si trova il vero regno della luce, lo stato dell’essere nel non-essere.

Né la speculazione intellettuale né le azioni che hanno uno scopo prefissato ci possono avvicinare alla coscienza universale. La caratteristica del Buddha è quella della comprensione intuitiva della non-esistenza di tutto ciò che è duale, la comprensione di non essere diviso. Poiché sei in effetti perfetto in ogni tuo aspetto, non dovresti affaticarti per completare questa perfezione con esercizi pratici e rituali.

Da ciò emerge un’azione spontanea che non si aspetta alcun risultato, come è descritto anche nella Bhagavadgita: “Puro scopo e un’azione priva di alcuna speculazione, che sorge da se stessa, caratterizza colui il quale ha riconosciuto e ottenuto la coscienza universale”.

Hui-neng e il suo successore Hung-po pertanto appartengono alla catena di maestri che mostrano come vi sia qualcosa di molto più vasto del nostro mondo visibile e del suo aspetto invisibile, qualcosa che non si può spiegare a partire da questi: il Regno che non è di questo mondo, la coscienza universale.

Giunto al termine della sua vita, Hui-neng lasciò i suoi discepoli con queste parole:

Colui che segue il Buddha (per via esteriore) tramite la pratica di qualsivoglia dottrina non sa nulla di dove il Buddha in realtà si trova. Colui che è in grado di realizzare la verità celata all’interno della propria mente ha coltivato il seme unico del Buddhismo.

Colui che non ha compreso l’essenza della mente e cerca il Buddha all’esterno di se stesso è un folle spinto da un sentimento empio! Perciò ho trasmesso ai posteri l’insegnamento del Risveglio Improvviso, per la salvezza di ogni essere vivente che sappia metterlo in pratica.

Ascoltate dunque, allievi che verranno! Il vostro tempo sarà andato irrimediabilmente perduto se non metterete questo insegnamento in pratica”. [3]

 


[1] D.T. Suzuki: The Zen doctrine of no-mind, Weisser Books, York Beach, Maine USA, 1972, p. 130-131.

Mente (con la M maiuscola) è da intendersi come la mente originale o la scienza universale. “Mentre ascoltava Hui-neng, la mente di Chi-ch’eng’s (un suo discepolo) all’improvviso comprese quale fosse in realtà la sua Mente originale.” (idib, p 19)

[2] The Diamond Sutra and the Sutra of Hui-neng: tradotto da A.F. Price e Wong Moulam; Shambhala Boulders, 2005, pp 67-78

[3] Ibid p. 152

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Informazioni sull'articolo

Data: Luglio 5, 2020
Autore / Autrice : Horst Matthäus (Nepal)

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