Vediamo contraddizioni in noi e intorno a noi, e ciò che siamo, ciò che il mondo è.
Krishnamurti [1]
Possa la pace venire, l’auspicata stabilità per sempre!
La pace è un grande ideale. Ma mentre gravitiamo intorno a questo desiderio, la nostra mente e il nostro cuore ospitano l’energia nervosa della lotta quotidiana per la sopravvivenza, che ci toglie lucidità ed energia.
Nello stesso momento in cui chiediamo la pace, riceviamo ed esprimiamo critiche e correzioni agli altri. Continuiamo a ferire e a essere feriti. Perché desideriamo tanto la pace e non riusciamo a sperimentarla nella nostra vita?
È importante capire perché ci comportiamo così.
La saggezza universale dice che siamo un universo in miniatura. Tutto ciò che accade fuori di noi è una proiezione di ciò che accade dentro. Quindi, se internamente viviamo conflitti e scontri, siamo in guerra ovunque ci troviamo, perché i colori delle nostre lotte interiori tingono il luogo in cui camminiamo.
Un aspetto fondamentale della riflessione sui nostri conflitti interiori è la consapevolezza del nostro egocentrismo. Viviamo centrati su noi stessi. Al primo posto ci siamo noi e molto più tardi arrivano gli altri. Le nostre azioni e reazioni sono finalizzate all’autodifesa e all’autoconservazione. Ciò deriva non solo dalla nostra coscienza biologica ancestrale, ma anche dal nostro inconscio individuale e collettivo, dalle nostre convinzioni, dall’educazione e dall’ambiente in cui viviamo. Lo facciamo senza accorgercene, in modo automatico.
Nell’illusione di apparire gradevoli, competiamo, critichiamo, giudichiamo e ci isoliamo in tribù e bolle. Ogni persona che incrociamo ragiona nello stesso modo viscerale e quindi ci contende lo spazio e agisce per proteggersi. È un ambiente ostile. Siamo più contro che con gli altri. Questa separatezza è una grande malattia dell’anima umana e ci allontana dalla pace che tanto desideriamo.
Se non vogliamo la guerra, se cerchiamo la pace, il cambiamento che deve avvenire è dentro di noi e passa attraverso l’allontanamento dei poli opposti. Ampliando la percezione della nostra interiorità e avvicinandoci alla via di mezzo, raggiungiamo gradualmente la condizione attiva, ma non indifferente, della neutralità.
Un altro tipo di vita ci aspetta
Il nostro obiettivo è un altro tipo di vita, ma da dove viene questa idea?
Esaminando i conflitti interiori nel campo della spiritualità, vediamo che questo desiderio esiste perché abbiamo memoria di questa possibilità, l’inquietudine e il desiderio di una vita nell’Unità. La vera forma di vita – che conosciamo nel nostro intimo – si oppone alla separatezza generata dall’egocentrismo.
Se svuotiamo la nostra coscienza basata sul passato, sui condizionamenti, sugli automatismi e sull’accumulo di conoscenze, apriremo lo spazio per la percezione interiore del nostro vero essere, il principio immortale che risiede in tutti noi. Tuttavia, poiché abbiamo ancora occhi solo per noi stessi, non vediamo la luce che si accende – come un lampo momentaneo – evocando l’esistenza di qualcosa al di là della nostra personalità.
L’attività di questa scintilla di luce, che percepiamo solo in modo furtivo e inconsapevole, provoca il nostro essere e ci mette a disagio. Abbiamo sensazione di non essere all’altezza del mondo e desideriamo un’altra vita. Proviamo un’intensa inquietudine, ma, non capendo cosa ci manca, cerchiamo di attaccare l’ignoto, che è l’immortale in noi.
Da un lato c’è la materia e dall’altro lo spirito, aspetti diversi della stessa realtà. Dobbiamo connetterci alla nostra interiorità, permettendo alla coscienza di essere l’interlocutore tra questi due aspetti e di integrarli in noi.
In questo processo, la conoscenza di sé, come percezione del nostro stato interiore, è un potente strumento per decostruire la nostra struttura egocentrica. Questo apre lo spazio per nuovi valori, nuove idee e nuove energie.
Un aspetto importante dell’egocentrismo è l’attaccamento. Staccarsi dalle manifestazioni della coscienza (pensieri, emozioni e reazioni, oltre alle cose materiali) porterà paura e ansia, perché entreremo nell’ignoto. Tuttavia, superando l’egocentrismo, anche l’ansia e la paura saranno superate, in modo processuale, dando spazio a una coscienza più spirituale.
È un processo di purificazione che permette di ascoltare la voce che proviene dalla parte più profonda del nostro essere, o la voce dell’Universo dentro di noi.
L’auto-iniziazione spirituale richiede uno sforzo continuo che non siamo abituati a fare e molta vigilanza. È necessario raggiungere uno stato in cui non ci sentiamo minacciati dagli altri, ma in cui ci riconosciamo come compagni di viaggio.
La preziosa “pace” che cerchiamo non si trova agli estremi, ma nella via di mezzo.
Riferimenti:
[1] Krishnamurti, J. Sul conflitto, Editore Astrolabio Ubaldini, 2000