L’interconnessione psicosomatica delle malattie cardiache
Diamo un’occhiata ad alcuni sintomi cardiologici tipici e proviamo a riconoscere le loro cause psicologiche. I sintomi sono un’espressione diretta di una realtà animica. Non sono coincidenze, ma mostrano incessantemente e chiaramente quali sono le cause reali.
1. Rigidità del cuore, angina pectoris
L’angina pectoris è un sintomo, che è sempre collegato alla paura. L’improvvisa stretta al petto che si irradia al braccio sinistro, è la conseguenza di una contrazione indurente e arteriosclerotica dei vasi coronarici, che normalmente si verifica negli uomini di età superiore ai 45 anni e nelle donne in menopausa.
L’angina pectoris è un problema animico di rigidità di cuore, che deve essere risolto e che è stato spostato sul piano fisico.
L’ansia mostra il punto critico in cui si trova una persona del genere, cosa di cui, normalmente, la persona non è consapevole. Il cuore contratto manifesta un dolore e combatte le questioni del cuore, nelle quali si è intrappolati senza rendersene conto.
I bisogni fisici creano così le condizioni per focalizzare l’attenzione sul problema cardiaco, ma anche sulla ristrettezza mentale.
Tutte le tecniche utilizzate dalla moderna cardiologia, come l’angioplastica, lo stent o la chirurgia di bypass possono aiutare nell’immediato, ma si limitano a posporre il problema, se questo non viene risolto dall’interno. Il cuore richiede espansione, vorrebbe uscire dalla sua pietrificazione, che è avvenuta perché la persona ha tenuto per troppo tempo le sue emozioni rinchiuse.
Una persona del genere deve riconoscere l’impasse in cui il suo cuore chiuso la spinge verso un cambiamento e un’apertura.
Dal momento in cui ci si trova letteralmente messi con le spalle al muro dalla propria situazione esistenzialmente minacciosa, si è posti di fronte ad un’opportunità di apprendimento difficile.
La percezione poco lusinghiera del messaggio che sta nei sintomi fa parte di questo compito, dal quale può svilupparsi la volontà di un cambiamento interiore.
Il cuore non solo costringe il paziente con angina pectoris a interrompere immediatamente tutte le sue attività esterne e a concentrarsi sulla sopravvivenza, ma lo pone nella condizione di focalizzarsi sulla priorità del centro e della parte essenziale della propria vita.
Il cuore di una persona del genere è spesso diventato apatico per le delusioni, la rassegnazione, l’amarezza e i dolori, così che la vita è vissuta solo come un peso e completamente priva di gioia. Essere indifferenti significa anche che il potere dell’anima è stato ferito e che la speranza è offuscata.
La chiave per aiutare se stessi è ritirarsi nella “camera del cuore” per entrare nuovamente in contatto, in silenzio, con la propria anima bisognosa. In tale condizione la percezione interiore e la consapevolezza sono acuite e la persona in questione può di nuovo diventare uno strumento cosciente dell’anima, avendo rivolto verso di essa il proprio cuore aperto. Può allora sperimentare come il cuore sia nuovamente in grado di sentire, e può percepire la “voce silenziosa” dell’intuizione dell’anima, attraverso la quale può essere guidata in assoluta fiducia.
2. L’attacco di cuore
Una possibile conseguenza , spesso definitiva, dell’angina pectoris, è l’attacco di cuore.
Tale fenomeno ha una triste popolarità, dal momento che, in un caso su cinque, risulta fatale.
Anche se il paziente sopravvive, una parte del suo cuore, una parte del centro della persona, è morta e si forma una cicatrice. Si tratta di un profondo trauma dell’anima, attraverso il quale, tuttavia, gli viene data una grande possibilità di cambiare la sua consapevolezza, approdando così alle soglie di un risveglio spirituale.
Un infarto non si verifica mai in modo inaspettato e improvviso come sembra sul momento.
È stato preparato inconsciamente nel tempo. Il cuore si è in qualche modo bloccato. Il paziente non è stato aperto a nessun sentimento che ha toccato il suo cuore e non se ne è nemmeno accorto. Tali persone hanno smesso di parlare dal cuore. Questa rigidità inconscia del carattere trova la sua espressione simbolica nel corpo: nel cuore indurito e nella rigidità dei vasi coronarici calcificati. Il candidato all’attacco di cuore è, insieme al suo cuore, sotto la forte pressione di un ambiente “ostile” e di una forte competizione. Alla ricerca del successo, si è intrappolato nel circolo vizioso di un sovraccarico costante e di uno stress correlato alle prestazioni.
Se la persona riesce a spalancare il cuore e ad abbattere la “barriera” che il suo ego ha costruito contro il resto del mondo, allora si verificherà una svolta decisiva verso la cordialità, la gioia e l’empatia. Se capiamo che è il nostro ego che ha paura di aprire i suoi limiti perché ha paura di perdere la sua sicurezza o il suo comfort, allora potremo abbandonare questo isolamento e la triste solitudine determinata da noi stessi aprendo il nostro cuore. Se possiamo aprirlo con amore, entreremo in risonanza con gli altri e sperimenteremo l’unità che va oltre la polarità. Questo significa essere felici, essere soddisfatti di un sentimento edificante di gratitudine.
È strano fino a che punto le persone – e con loro il loro cuore – si lasciano letteralmente lacerare inseguendo prestazioni, successo, riconoscimento e denaro.
Oltre all’ipertensione, anche la mancanza di rilassamento è un fattore predisponente all’infarto.
Da questa esperienza può nascere la consapevolezza che la costante ricerca del riconoscimento e della dipendenza attraverso performance talvolta insostenibili, in realtà non è altro che il profondo desiderio di amare e di essere amato.
3. Aritmia cardiaca
I battiti cardiaci irregolari e la tachicardia scatenati dalle emozioni sono un’esperienza quotidiana ben nota a tutti.
L’aritmia cardiaca cronica è, d’altra parte, il segno che la persona in questione non sperimenta più le proprie emozioni perché non le riconosce. Coloro che si concentrano completamente sulla propria mente e non ascoltano le proprie emozioni, possono essere facilmente strappati a questo circolo vizioso attraverso l’aritmia cardiaca.
Consuetudini rigide, principi inamovibili e disciplina ferrea caratterizzano spesso questo genere di persone. In tali casi il cuore deve “fare il matto” e sfuggire al suo ritmo.
La cardiologia classica utilizza per queste situazioni i farmaci betabloccanti o tranquillanti.
Questi prodotti farmaceutici in casi acuti sopprimono i sintomi e tamponano l’evento, isolano il cuore dagli stimoli eccitanti, creando una sorta di dissociazione psico-vegetativa.
In questo modo l’anima, che non può esprimersi, sarà privata del palcoscenico corporeo in cui vorrebbe manifestare precisi segnali.
Nei casi di aritmia assoluta si perde l’ordine dei battiti. Diverse cellule cardiache in diversi punti provano a forzare il cuore a battere secondo un loro ritmo. Questa condizione rappresenta simbolicamente aspirazioni incompatibili, che bloccano il lavoro del cuore. Il senso centrale dell’attività del cuore è andato perduto. Il concetto di vita è stato per così dire frammentato, situazione che il cuore esprime così in modo evidente.
Le extrasistoli, un tipo diffuso di aritmia, sono, per così dire, ostacoli sui nostri percorsi ritmici.
Una centralina di impulsi – in realtà subordinata – sostituisce il nodo seno-atriale, il responsabile del ritmo cardiaco, innescando un battito anticipato, che è spesso spiacevole, ma innocuo.
La prospettiva dell’anima, in questo caso, evidenzia che la persona in questione si trova in qualche modo sfasata, senza rendersene conto.
Dovrà perciò imparare a vivere la propria individualità e ad avanzare consapevolmente sul sentiero dell’individuazione. Ciò può essere riferito all’autonomia interiore, che non è sempre congruente con le norme e le aspettative sociali dell’ambiente circostante.
Un “deragliamento” dell’anima è la causa di ogni alterazione del battito nell’ambito del nostro centro vitale. Il vero compito del sintomo è di renderci consapevoli dello sfasamento e di darci la possibilità di tornare alla gerarchia del cuore più funzionale, in modo che l’anima possa tornare a dominare il nostro centro.
Tutti i sintomi cardiaci ci chiedono di tornare ad ascoltare il nostro cuore e di giungere ad una chiara autocoscienza che corrisponde alla conoscenza del cuore.
In tal modo un’evoluzione anomala, elusioni, soppressioni e costrizioni auto imposte possono essere riconosciute e trasformate in una consapevolezza più elevata, che è parte del compito fondamentale di dare senso alla nostra vita.
Gli sforzi del cuore possono allora cessare, dal momento che esso non ha più bisogno di presentarci permanentemente i nostri problemi su un palcoscenico.
Il maestro spirituale Sri Aurobindo afferma: «Il mancato riconoscimento di sé è l’origine di tutti i dolori e la causa di tutti gli inciampi. Il vostro compito, lo scopo del vostro essere e la causa della vostra esistenza è diventare un perfetto contenitore della divinità».
Queste parole riguardano un livello dell’essere umano superiore agli equivalenti psicosomatici delle malattie cardiache di cui abbiamo trattato.
Nella prossima parte dell’articolo vorremmo seguire questa linea.
(continua)